5 insegnamenti da La felicità in bicicletta
La bicicletta offre la felicità di diventare grandi e la felicità di tornare bambini
La felicità in bicicletta è un libro del 2021 di Stefano Pivato, Professore universitario di Storia contemporanea ed esperto di ciclismo e storia della bicicletta.
Queste sono 5 cose che ho imparato dal suo libro.
1. In bicicletta si trova la felicità in mille modi
Ne La felicità in bicicletta, sparsi tra le pagine si trovano moltissimi modi in cui la bicicletta può renderci felici. Eccone alcuni:
- La bicicletta ci riporta alla nostra infanzia.
Come le madeleine per Proust, la bicicletta ha il potere di riportarci in un passato felice.
- La bicicletta ci rende indipendenti.
Senza patenti, senza particolari abilità, ognuno può andare ovunque la fantasia e il suo equipaggiamento siano in grado di portarlo. La bicicletta è stata per molti ragazzi il modo di rendersi indipendenti dai genitori.
- La bicicletta fa sentire liberi.
Quando si chiede perché si ami la bicicletta, la risposta che si riceve più spesso è il senso di libertà che deriva dal pedalare.
- L’aria ci accarezza.
L’aria che ci viene addosso quando andiamo in bicicletta esalta il nostro senso del tatto. La carezza del vento ci porta in una sorta di leggera beatitudine.
- La velocità ci rende euforici.
- La fatica che facciamo in salita ci appaga e ci soddisfa.
- Andare in bici esalta i nostri sensi.
Guardiamo il paesaggio, sentiamo la bici sotto di noi, sentiamo i profumi cambiare in fretta e i rumori che il nostro mezzo produce e che produce anche il mondo al nostro passaggio.
- Il controllo su un mezzo di trasporto ci fa sentire potenti e soddisfatti.
- La bicicletta distende e rilassa. Fa dimenticare ansie e preoccupazioni.
2. La bici è musa d’amore
Tra tutte le emozioni che la bicicletta suscita non manca nemmeno l’amore.
Dall’eccitamento al piacere peccaminoso e fino alle gioie matrimoniali, la bicicletta sembra includere tutto lo spettro dell’erotismo.
Da quando, alla fine dell’Ottocento, la bicicletta modello “safety” acquista successo e si diffonde in società, diventa galeotto strumento di intrallazzi e “il simbolo di una felicità indotta dal mancato rispetto della morale comune.”
La bicicletta per alcuni scrittori e poeti è un simbolo di modernità capace però di riportare gli esseri umani allo stato di natura. Come una religione che sconfigge la corruzione dei costumi e che supera le convenzioni sociali per riportare a una libertà primitiva.
In una società morigerata, le gite in bicicletta erano una delle poche occasioni tollerate di incontro tra i sessi.
Le donne che non possedevano una bici propria venivano spesso trasportate sul manubrio o sulla canna e questo permetteva i primi contatti tra ragazzi e ragazze.
Non solo incontri clandestini, la bicicletta consente agli innamorati di iniziare una relazione.
È una musa che offre l’amore in modo fulmineo e definitivo alle coppie che approfittano della sua spontaneità per concedersi gite in luoghi appartati nella natura.
3. La felicità in bicicletta e i falsi miti dell’auto
Negli anni del boom economico, la bicicletta sembra perdere a favore dell’automobile il ruolo di strumento di lavoro e mezzo che consentiva per la prima volta l’utilizzo del tempo libero a larghi strati della popolazione.
Ma non è un passaggio innocente.
Mentre il guidatore della bicicletta è di solito umile, gentile e umano, l’automobilista non ha tempo da perdere, è aggressivo, iracondo.
Alla felicità contemplativa subentra uno dei falsi miti del miracolo economico: quello della velocità a tutti i costi.
L’auto condivide con la bicicletta molti aspetti tecnologici e come lei è stata salutata come una splendida conquista della modernità. Ma non permette di godere allo stesso modo del paesaggio che ci circonda, né ha gli stessi effetti benefici sullo spirito e sul fisico delle persone.
I viaggi in auto saranno anche più lunghi e più veloci, ma non sono altrettanto liberi e spontanei.
4. La bicicletta come indicatore di socioeconomico
Nel 1973, il brusco aumento del prezzo del petrolio scatenò una crisi economica che mise in luce alcuni limiti del sistema produttivo.
In questi anni, alcuni pensatori puntano il dito contro le attività più energivore che distruggono l’ambiente e anche le relazioni sociali.
In molti Stati vengono istituite le domeniche senz’auto e le città, liberate dal traffico, sono gioiosamente invase da migliaia di biciclette.
Il sistema capitalistico subisce uno scossone e qualcuno mette in dubbio che sia davvero in grado di produrre felicità e benessere.
Anche il PIL (prodotto interno lordo) viene messo in discussione come indicatore del benessere di un Paese: fanno la loro comparsa il BES (benessere e sostenibilità) e il FIL (felicità interna lorda).
Il BES è considerato una buona pratica per la misurazione delle politiche sostenibili. È un indice che misura infatti la lotta al cambiamento climatico, l’innovazione tecnologica, la salute alimentare, l’istruzione e la mobilità.
Il FIL è un concetto coniato dal re del Bhutan all’inizio degli anni ‘70, nell’intento di includere parametri non economici nella misurazione del benessere di un Paese.
Ma quel che più interessante è che dal 7° Rapporto sulla felicità del mondo, presentato all’Università Bocconi nel 2019, emerge che i 10 Paesi più felici sono quelli in cui si fa maggiore uso della bicicletta.
Questo perché la bicicletta porta buon umore. Ma è anche accessibile, capace di ridurre gli incidenti stradali, ecologica e simbolo di sviluppo e di emancipazione femminile.
5. Dal piacere individuale al benessere collettivo
All’epoca della sua invenzione, la bicicletta è stata spesso associata alla felicità individuale dei turisti, dei viaggiatori e soprattutto di quanti la usavano per le scampagnate di piacere.
in seguito alla Rivoluzione industriale, gli occidentali hanno iniziato a disporre di una buona quantità di tempo libero. E la bicicletta diventa una delle compagne di divertimento che occupano questo tempo.
Dopo la crisi energetica del 1973, le problematiche ambientali e sociali hanno fatto capolino i discorsi ambientalistici nel dibattito pubblico.
In modo crescente a partire dagli anni ‘80, ‘90 e 2000, sono emersi sempre più movimenti che conducono battaglie intorno a questi temi.
Sono prolificate le associazioni che si battono per la diffusione dell’uso della bicicletta, come mezzo democratico, per tutte le tasche, non inquinante e salutare. Strumento di progresso sociale e benessere collettivo.
E sono nate anche molte iniziative di cooperazione internazionale, impegnate nel recupero di biciclette a favore dei Paesi sottosviluppati.
Il godimento personale della pedalata si sovrappone a quello collettivo di un’etica ambientalista ed ecologista. Come se il moderno ciclista si sia accorto di essere parte di una comunità.
Felicità individuale e felicità sociale convivono e concorrono a formare l’idea di un “nuovo umanesimo”, possibile grazie alla bicicletta.
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