Andare in bici. 7 (+6) modi per renderlo irresistibile
È possibile convincere qualcuno ad andare in bici invece che in auto?
C’è voluta una pandemia, c’è voluto il lockdown per risvegliare la voglia di andare in bici e la consapevolezza di fare di più per rendere ciclabili le città anche in Italia.
Ha aiutato anche il bonus mobilità voluto dal Ministro dell’Ambiente.
Durerà?
Alcuni interventi strutturali, in diverse città italiane, si stanno facendo. L’introduzione nel Codice della Strada delle “corsie ciclabili” ha dato una mano a portare cambiamenti con pochissima spesa.
Ma perché tutto questo non sia poco più che un fuoco di paglia, ci vorrà ancora molto.
Bisognerà innanzitutto garantire sicurezza alla maggioranza degli utenti della strada, che sarebbe già disposta a usare di più la bici, ma ha paura di farlo.
Andare in bici è sicuro
E pensare che basterebbe far sapere che dove ci sono più bici che circolano, ci sono meno incidenti per le strade.
Andare in bici è una scelta già di per sé contribuisce alla sicurezza di tutti gli utenti della strada, anche degli automobilisti.
Un altro interessante dato dice che nei Paesi dove si pedala di più – che sono, come detto, quelli in cui si muore meno per strada – sono molti di meno i ciclisti che non usano il caschetto. La presenza di altri ciclisti è garanzia di sicurezza.
E non è nemmeno vero che l’attenzione alla bicicletta debba essere a discapito di altri mezzi. Lo dimostra il fatto che in Olanda, per esempio, anche le infrastrutture per le auto e per il trasporto su rotaia sono ben congeniati e sviluppati ed è stata definita il miglior posto dove guidare un’auto.
A quanto pare, creare città per le auto danneggia tutti, anche gli automobilisti. Sviluppare la ciclabilità e andare in bici al contrario fa bene anche a chi, per particolari motivi, è costretto a usare un mezzo non sostenibile, come l’auto.
La bici non deve essere la scelta di una minoranza appassionata o che si identifica con la libertà e lo charme che sfilare in mezzo alle auto incolonnate può dare. La bici deve essere per tutti. L’utilizzo della bici una scelta naturale, OVVIA per gli spostamenti in città.
E allora come rendere la bici irresistibile?
Secondo Civitas ci sono alcune condizioni che costituiscono terreno fertile per il diffondersi di una solida cultura della bicicletta:
- Politici locali che incoraggiano l’uso della bicicletta;
- Associazioni ciclistiche locali abbastanza di peso da influire sui soggetti responsabili delle decisioni;
- Gruppi di lavoro molto motivati, composti da autorità con diverse competenze (ad es. polizia, Assessorato alla viabilità, settore privato, università, trasporto pubblico, associazioni…);
- Senso di urgenza rispetto alla situazione del traffico creata dai problemi di congestione e parcheggio nel centro cittadino e crescente consapevolezza riguardo all’ambiente e alla salute;
- Consapevolezza riguardo all’ambiente; residenti che desiderano migliorare le condizioni di vita nella loro città;
- Amministrazioni comunali chiamate a rispondere alle direttive UE sulla qualità dell’aria e sul rumore;
- Elevati livelli di possesso di una bicicletta;
- Condizioni topografiche e climatiche che favoriscono l’uso della bicicletta;
- Centro cittadino o altri luoghi attrattivi accessibili in bicicletta;
- Gruppi che hanno compreso i vantaggi di un utilizzo più diffuso della bicicletta;
Sulla parte politica (punti 1, 3 e in parte 4) in Italia c’è da migliorare, mentre sulle condizioni climatiche e topografiche direi che dovremmo essere una delle nazioni più avvantaggiate dove andare in bicicletta.
Sul possesso di biciclette, il bonus bici ha sicuramente dato una mano, ma per nessuno di questi punti partiamo da zero. La base per lavorare c’è. Sei d’accordo con me?
Esempi esteri da copiare
Date per assodate queste basi, quali sono le scelte da intraprendere per rendere la bici irresistibile?
In questo articolo sul mio profilo LinkedIn, ho raccontato come hanno fatto a Parigi a incrementare i ciclisti del 220% in un anno, in alcune strade dove non sono state costruite nuove piste ciclabili.
Leggendo il post, ti accorgerai di come si tratti per lo più di scelte politiche, di dare potere di decidere a persone competenti e fare investimenti mirati e cospicui.
C’è poi un “famoso” articolo che spiega come rendere la bici irresistibile studiando ciò che è stato fatto in Olanda, Danimarca e Germania.
Secondo gli autori, un territorio adeguato (come le città relativamente piccole che abbiamo in Italia e il territorio pianeggiante di molte città del nord), non è da solo garanzia di sviluppo della ciclabilità. Per abbattere ogni resistenza all’uso della bicicletta servono questi fattori:
- Infrastrutture ciclabili separate;
- Intersezioni tra traffico ciclabile e traffico motorizzato sicure e con segnali specifici per i ciclisti;
- Strategie di moderazione del traffico (zone 30, ztl…);
- Parcheggi per le biciclette (le e-bike sono mezzi costosi che richiedono parcheggi sicuri);
- Coordinazione con il trasposto pubblico locale (il piano di mobilità ciclabile deve essere studiato insieme a quello dei mezzi pubblici);
- Educazione stradale, che non dev’essere solo rispetto delle regole ma anche sensibilizzazione alla mobilità attiva;
- Leggi che permettano la moderazione del traffico e un Codice della Strada evoluto che tenga in considerazione tutti i mezzi di trasporto, compresa la bicicletta, e ne valorizzi il comfort e l’aspetto sociale (e per esempio permetta che più ciclisti procedano affiancati).
Tra parentesi. Nell’articolo si fa notare che nei luoghi dove l’uso della bici è più diffuso, le donne che pedalano sono di più degli uomini. Nei luoghi dove è poco diffuso, a pedalare sono in grande maggioranza uomini. Un uso diffuso della bicicletta aiuta l’emancipazione femminile?
La presenza di tutti questi 7 fattori e la loro crescita coordinata può rendere irresistibile andare in bicicletta.
In Italia invece?
In Italia, l’uso della bicicletta non è così diffuso perché le piste ciclabili separate sono insufficienti. In alcune aree non ne esistono del tutto.
Nella maggior parte delle strade sono percepite come pericolose da ciclisti non esperti. Le intersezioni presentano quasi sempre dei rischi e sono poche le città che hanno sviluppato una politica di moderazione del traffico efficace. E spesso ci si limita alla segnaletica senza il supporto di interventi infrastrutturali.
I parcheggi scarseggiano e raramente sono sicuri. L’educazione alla mobilità attiva è carente e il codice della strada è antiquato e mal scritto.
Un quadretto esaltante, vero?
La buona notizia è che gli esempi da seguire non mancano e che sappiamo cosa dobbiamo fare. Le indicazioni che ho riportato in questo articolo sono sufficienti a rendere irresistibile andare in bicicletta.
La città 8-80
Il trucco di base è quello di costruire città a misura di bambino. Bisogna obbligare i decisori politici a pensare ai più deboli, a quelli che non hanno voce. E non parlo solo di piste ciclabili, ma di ripensare a tutti gli spazi condivisi, infine a tutta la società, perché sia una società 8-80 come l’ha chiamata qualcuno, e che abbracci tutte le fasce di età.
Per esempio,
A) le strade residenziali potrebbero non consentire traffico di attraversamento, ma essere usate solo dai residenti e presentare infrastrutture di moderazione del traffico che limitino fortemente le velocità dei mezzi. In modo che chi pedala lo possa fare in modo promiscuo ai mezzi a motore ma in tutta tranquillità.
B) e vie di scorrimento potrebbero invece avere ciclabili separate dal traffico motorizzato e consentire così il proseguimento in sicurezza del viaggio dei ciclisti.
Ecco un altro esempio, Vancouver, dove si cerca di costruire piste ciclabili confortevoli anche per chi non usa spesso la bici.
Se una pista ciclabile non è sicura per un bambino di 8 anni, non è una buona pista ciclabile. Se una città non rispetta i bisogni di mobilità un bambino di 8 anni e di un anziano di 80, non è una buona città. Se una società non rispetta le esigenze di bambini e anziani non è una società abbastanza buona.Click To Tweet
Chi prova la bici non torna indietro, perché troppi sono i benefici che ne ricava.
Insisto sul concetto che è necessario evitare la difficoltà cognitiva di fare la scelta giusta. Andare in bici deve essere l’opzione più ovvia in città.
Che atteggiamento deve avere la politica
Secondo la Cycling Embassy of Denmark, questo è il mindset che un decisore politico deve avere nei riguardi della bicicletta, che in parte si sovrappone all’elenco dei fattori per la corretta promozione della ciclabilità:
- Trattare la bici come mezzo di trasporto, non come passatempo;
- Ricordare che la bici è un mezzo di trasporto universale (è usata anche da chi non può usare l’auto);
- Fare progetti a lungo termine;
- Promuovere sicurezza non solo reale, ma anche percepita (meglio piste ciclabili protette);
- Rendere facile e sicuro l’accesso alla multi-modalità (integrazione con treni, mezzi pubblici, sharing…);
- Prestare attenzione alla tecnologia e ai dati;
- Fare formazione: ai cittadini, ai politici, ai funzionari, ai giornalisti, ai ragazzi, alle forze di polizia!
Vincere le resistenze al cambiamento
La politica si trova di fronte a molte resistenze rispetto a questo cambiamento. Alcune strategie per vincere queste resistenze consistono nel motivare scelte con la sicurezza ed evitare di chiedere pareri a organi superiori, al Ministero, e perdersi in passaggi burocratici non essenziali.
Non è rendendo difficile l’utilizzo dell’auto che si rende appetibile andare in bici, ma rendendo sicuro, facile e comodo l’uso della bici. Tuttavia è necessario essere severi contro gli abusi degli automobilisti, se no si mandano messaggi contraddittori ai cittadini.
Non si possono spendere soldi per realizzare infrastrutture ciclabili e poi tollerare sosta selvaggia e velocità eccessiva che rendono insicuri per tutti gli spostamenti urbani.
Infine, è utile utilizzare un approccio partecipativo e prove a tempo, come è stato fatto con le sperimentazioni dal basso guidate dall’architetto Matteo Dondé a Milano e quello che va sotto il nome di urbanismo tattico.
Questo modello risponde anche al bisogno di differenziare l’approccio della promozione dell’uso della bicicletta e delle politiche di sviluppo che rispondano alle particolarità di un luogo e alle specifiche esigenze di una comunità.
Perché anche la promozione della mobilità ciclistica, come qualsiasi altro tipo di promozione, deve partire dalle persone alle quali è destinata.
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