La macchina della felicità
Un futuro più felice si raggiunge in bicicletta
Sono stato intervistato da Gianluca Gallinari del Giornale di Brescia riguardo al rapporto tra bici e felicità.
La chiacchierata è stata programmata all’interno di una serie di eventi organizzati presso il coctkail bar Riserva del Grande a Brescia.
Si è parlato della genesi dei progetto di Bikeforgood.it, di come la bicicletta sia intrinsecamente legata alla gioia, fin da piccoli; di ideologia dell’automobile e di ideologia della bicicletta; di cicloturismo; del calendario degli eventi gravel e del successo che le bici gravel stanno avendo. Del futuro delle città e dell’impatto che hanno avuto le bici elettriche.
Ora hai l’imbarazzo della scelta: puoi guardare l’intervista sul nostro canale YouTube (e approfitta per iscriverti!) o ascolta le mie risposte insieme a quelle di Nicola Amadini nel podcast o leggi l’articolo più sotto.
Meno inquinamento, più soldi e più tempo
Gianluca Gallinari: Buonasera e ben trovati a tutti. Sarà una serata che essendo alla Riserva del Grande già di per sé all’insegna della felicità, ma vorrebbe esserlo ancora di più perché l’appuntamento di questa sera è incentrato sulla bicicletta e, in qualche modo una macchina della felicità, uno strumento che che che genera felicità.
Per raccontarlo, per fare quattro chiacchiere sul tema abbiamo con noi Fabio Scalzotto, che è il fondatore di Bikeforgood.it
Fabio, tu vieni dalla dimensione del cinema, lavori a Sky, quindi hai alle spalle passioni una storia professionale che apparentemente con la bicicletta non c’entra niente. Perché a un certo punto ti inventi Bikeforgood.it e perché ti scopri un ciclista felice?
Fabio Scalzotto: Partiamo dall’esperienza personale, ma credo che la storia personale sia quella un po’ più o meno di tutti quelli che hanno ripreso la bicicletta a un certo punto della loro vita (almeno quelli della mia generazione che sono un gen X). Indipendenza, fai i giretti con gli amici, usi la bicicletta anche per andare a scuola… L’ho usata molto come mezzo di trasporto fino ai 18 anni poi 18-19 anni c’è la patente. Basta far fatica, vado in macchina!
Poi però per coscienza ecologica, ho fatto il percorso inverso rispetto a molti che scoprono la bicicletta per piacere, perché fanno dei viaggi o fare delle passeggiate la domenica e poi mano a mano entra nella loro vita quotidiana. Io ho fatto il contrario.
Lavoravo lontano ci mettevo un sacco. In macchina sarebbe stato improponibile per il traffico e mi scocciava. Con i mezzi ci mettevo tantissimo e costavano. Quindi vado in bicicletta, almeno per un pezzo, mi avvicino poi prendo metropolitana saltando un pezzo da fare in tram.
Ho iniziato così per una coscienza ecologica che mi diceva di andare in bicicletta e smettere di usare l’auto e i combustibili fossili e dall’altra per un risparmio di tempo e di denaro. Risparmiamo quelle 2 € al giorno perché facevo meno tratta con i mezzi e ci mettiamo di meno.
Poi un giorno mi sono detto: “Ma gli altri che ci vanno sabato e la domenica? Com’è andare il sabato e domenica in bicicletta?” E così ho iniziato ad andare con le gite organizzate dalla FIAB e poi piano piano mi sono appassionato sempre di più finché a un certo punto ho detto: “E se diventasse un lavoro?”
Quindi ho seguito il corso dell’Università di Verona per Esperto Promotore della Mobilità Ciclistica, che non è un corso professionalizzante, ma dà una panoramica a 360 gradi di quello che è la mobilità ciclistica, con l’idea di magari di lavorare nel cicloturismo, visto che mi piace viaggiare, mi piace la bicicletta… Magari faccio la guida cicloturistica.
La guida cicloturistica non è mai diventata una professione, però ho aperto un blog che parla del benessere quotidiano che dà l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto.
La bicicletta è il mezzo degli alieni
GG: Qui con me ho questo libro che è La felicità in bicicletta di Stefano Pivato e mi ha fatto piacere vedere che proprio su Bikeforgood.it è stato recensito. È il libro di un di un accademico, di uno storico che fa una storia sociale della della bicicletta e va a cercare un po’ attraverso tanti ambiti e contesti anche culturali che ruolo ha avuto la bicicletta dalla sua nascita fino ai giorni nostri. Ma una delle cose che giustamente tu evidenziavi è proprio un debito che tutti abbiamo rispetto alla bicicletta fin da bambini e in qualche modo lo strumento che ci rende autonomi fin dalla prima infanzia, ci dà Indipendenza.
Soprattutto nella sua fase originale bicicletta è stato un mito di velocità anche per le garantiva a quello che era stato fino a quel momento un pedone di potersi muovere con rapidità. Perché a un certo punto ci siamo dimenticati questi che sono come dire elementi potenziali di felicità?
Prima chiacchierando stavamo dicendo che anche tutto il cinema, specie quello americano, celebra tantissimo la macchina. La bicicletta – diceva lui – è lo strumento di ET dell’alieno, di quello che viene da un altro mondo.
FS: E dei bambini, appunto, che in quel film hanno fondamentale importanza.
Mentre parlai mi è venuta in mente una famosa vignetta di Altan in cui la moglie chiede a lui il vestito da ciclista: “Dove vai?” e lui risponde: “Porto a spasso il bambino che è in me.”
Ho letto un sondaggio per cui il 59% delle persone associa la bicicletta alla gioia.
Quindi c’è un legame piuttosto profondo tra bicicletta, tra l’esperienza che si fa andando in bicicletta, e la felicità.
Libri e film sulla bicicletta
FS: E proprio di questo topos diciamo di ricerca della felicità si è occupato anche un giornalista inglese che ha scritto un libro in cui spiegava che la ricerca della felicità consisteva per lui nella ricerca della bicicletta perfetta. Che nel suo caso non era semplicemente comprarla.
Questo signore ha fatto un libro descrivendo il suo viaggio da ditta ditta per cercare l’eccellenza mondiale per ogni componente.
GG: Robert Penn, Ciò che conta quello è la bicicletta
FS: Esattamente! Alla fine è un libro appassionante perché vedi la passione di una persona che ha speso tanto di quel tempo (e probabilmente anche tanti di quei soldi) per farsi questa bicicletta perfetta che doveva essere la surroga della felicità.
Ci sono diversi libri che citano bici e felicità. Anche l’ABC della felicità di Ludovica Casellati… Perché è una cosa che ci segna già da bambini. Anche quando faccio le interviste per il mio blog e chiedo: “Come è nata tua passione per la bicicletta?” Mi rispondono che è nata da bambini. Si ricordano l’ebbrezza che dava la velocità il vento sulla faccia sono queste sensazioni qua di contatto con la natura di indipendenza di libertà che poi rimangono impresse che sono l’imprinting che ci dà la bicicletta, per cui ci fa diventare grandi da un certo punto di vista quando siamo piccoli e poi ci riporta bambini come dice Altan quando siamo adulti.
Cosa ci succede? Per rispondere alla domanda. Siamo un po’ vittime del condizionamento culturale. Come dici tu, nei film americani quanto c’è qualcuno in bicicletta è perché non è realizzato. 40 anni vergine va in bicicletta perché è uno sfigato, è uno che ha 40 anni non ha mai conosciuto in senso biblico una donna e allora va in bicicletta come un bambino. E tutti che gli dicono: “Fatti una cazzo di macchina!”
E più o meno i film sono tutti così. C’è n’é un altra che è la storia di due poliziotti che sono delle frane assolute e sono poliziotti in bicicletta. Poi mano mano diventano bravissimi e fanno inseguimenti mozzafiato. Come? In macchina!
Ricordo che una volta si parlava di motorini quando avevo 14 anni. Un mio compagno chiede: “Ma tu non ti fai un motorino?” “No” gli ho detto. “Mio papà ha detto che quando divento qualcuno mi compro una macchina.” (Mio papà scherzava perché poi la macchina me l’ha comprata lui quando è venuto il momento). “E cosa fai la ragazza, la porti in giro in bicicletta?”
E invece nel libro di Pivato si racconta di prima del boom quanto invece la bicicletta abbia inciso anche sulle storie d’amore, per la possibilità che dava alle ragazze di indipendenza, di dire: “Ciao mamma, vado a fare una gita in bicicletta con questi amici.” C’erano anche i maschi e Pivato dice era una delle poche circostanze la gita in bicicletta in cui i sessi si potevano unire lontano dai genitori. La bicicletta è stata Musa in in questo senso.
Ideologia dell’automobile vs ideologia della bicicletta
GG: noi stessi percepiamo un mondo diviso in 2: quello della macchina e quella della bicicletta. Sarebbe bello riuscire a trovare il modo di ridimensionare l’una dando più spazio all’altra, creando un’armonia che dia anche un senso più specifico alle singole tipologie di mezzo.
Oggi ci sono tante formule che ci avvicinano a mobilità più armoniosa. Pensiamo ad esempio di Parigi Tutto quello che sta avvenendo con la creazione di piccole autostrade cittadine ciclabili che vanno a rubare spazio a quello che un tempo era appannaggio solo delle macchine; ci sono le zone 30 che in Paesi che apparentemente hanno una mobilità anche più datata della nostra come la Spagna stanno prendendo molto spazio e senza grandi traumi.
In Bikeforgood.it c’è una analisi ma molto concreta che partendo da alcuni dati sulla mobilità delle città arriva poi a distillare 37 benefici di una mobilità ciclabile più consapevole. Mi piacerebbe che uscissimo da questa chiacchierata con un piccolo decalogo di qualche cosa che possiamo fare tutti per incentivare altri a prendere la bicicletta o pedalare più noi stessi di quanto non facciamo.
FS: L’articolo a cui ti riferisci cita 37 modi in cui la bicicletta ti migliora e poi stasera riguardando un po’ di articoli che potevano tornare utili per la chiacchierata sono arrivato 45 e secondo me ancora se unisco bene i puntini si superano i 50.
Però se non se vogliamo guardare “cosa fa bene a me la bicicletta”, ma “cosa fa bene a tutti”, cioè come si potrebbe cambiare per stare tutti meglio, alla fine parte tutto da una cosa sola.
Noi viviamo in un mondo comandato da un’ideologia dell’automobile per cui tutto quello che le città sono costruite senza che noi l’ideologia funziona proprio così tu sei immerso in un mindset e non ti rendi conto di avere per cui hai dei pensieri che pensi che siano spontanei, neutri.
Stiamo sviluppando città pensando non alle persone ma a mezzi che si devono spostare.
Quando pensi a un’automobile che si deve spostare ovviamente ha degli ingombri, ha delle necessità, va a una certa velocità. E soprattutto l’essere umano in questo caso è dentro, non ha bisogno di cose fuori se non di andare. Flusso. Velocità.
Per cui la città diventa un apparato Insomma una macchina anche lei se devi migliorare l’esperienza la migliore da dentro monitor più grande, i tastini al volante, i sensori di parcheggio… Tutte cose per carità legittime ma sono dentro.
L’ideologia della bicicletta è un’altra cosa. Perché la persona che va in bicicletta che poi è la stessa persona che fondamentalmente deve scegliere quale mezzo usare di volta in volta.
Io uso la macchina, uso anche il camper che è ancora più grosso e ancora più inquinante quando vado in vacanza. Però uso anche la bicicletta e vado anche a piedi se devo fare meno di un chilometro.
E quando sei in bicicletta e il tuo mondo non è più quell’abitacolo coccoloso e fuori chi se ne frega: il tuo mondo è il mondo degli altri, diventi qualcuno di più socievole perché devi interagire con il pedone cerco di capire di fargli un segno. C’è interazione e vivo nel mondo, quindi voglio che le cose siano siano più belle. Non voglio fare la la provinciale dritta per 300 km, perché mi annoio (ammesso di avere le gambe per farlo).
Io voglio vedere delle cose belle e per questo che l’ideologia della bicicletta fa un favore a tutti perché abbellisce la città perché un ciclista vuole i fiori dove passa, vuole che ci sia spazio, vuole poter pedalare con qualcuno di fianco, non dietro o davanti che non si sente quando si parla. Perché in macchina posso parlare e in bicicletta no? Lo spazio che occupo è lo stesso di una macchina se pedala di fianco è vero vado più piano ma coi 30 all’ora in città si può andare benissimo.
Decalogo per la città del futuro?
Quindi se devo fare un decalogo partirei da tutti questi suggerimenti che ci dà il l’ideologia della bicicletta il fatto che quando sono in bicicletta sono una persona nel territorio e quindi per esempio
- che si possa andare in bici in due affiancati
- velocità massima 30 all’ora in tutte le strade urbane
- dove c’è pericolo allora sì lì una ciclabile
- la ciclabile deve essere larga non deve essere disegnata sul marciapiede
- deve essere bella, magari ci vuole del verde. Io voglio vedere delle cose belle, dei fiori,
- anche delle opere d’arte
- che si osi con l’estetica, senza arrivare alle alle rotonde sopra gli alberi come in Danimarca o alla ciclabile che va nel lago come in Belgio in cui con la mano posso sfiorare il lago perché la ciclabile va dentro
Sono cose che quando le guardi… “Wow!” Perché quando vado in bici non posso dire “Wow”. In macchina non me ne frega niente se è bello, tanto sono coccolato dentro. Quando sono in bicicletta c’è una interruzione sulla ciclabile e non ti dicono dove devi andare. Vado in autostrada? Vado in Provinciale? Quando la ciclabile in un bosco finisce, cosa faccio?
A queste cose non ci si pensa mai abbastanza perché la nostra ideologia è quella là, siamo abituati a pensare che le città devono essere flusso.
Invece no, le città possono essere per le persone:
- ci possono essere degli spazi di aggregazione,
- dei parcheggi per biciclette sicuri.
- dove dove ci sia la possibilità di interscambio di mezzi. In qualsiasi stazione devo poter tornare a casa sicuro che la bicicletta ce l’ho
- tutte le tutte le aziende dovrebbero avere docce, spogliatoi e un parcheggio.
Io lavoro in un’azienda che ha costruito 300 posti auto sotterranei e i posti per bicicletta sono una rastrelliera tipo scolapiatti in un angolino. Hanno speso 20 euro per le biciclette e quanto per fare 300 posti interrati per le auto?
Qualche doccia, degli armadietti per mettere i vestiti asciutti non costano come 300 posti auto, ma non ci si pensa.
Quanto costa NON costruire ciclabili?
FS: Quando uno dice la ciclabile costa, ma l’autostrada costa 150 volte tanto.
Se si investe un euro infrastruttura ciclabile quell’euro tra spese mediche risparmiate (perché uno che va in bicicletta combatte il colesterolo, combatte le malattie cardiovascolari, combatte anche l’insorgenza di tumori, malattie neurodegenerative…) e altro, ritornano alla comunità 70 euro.
Per non parlare dei costi del traffico, dell’incidentalità.
GG: C’è un dato che ho letto in uno dei tuoi articoli che credo evidenzi in modo assoluto la disparità. Se non sbaglio Matteo Dondè che tra l’altro tra i progettisti che hanno concorso a definire anche il biciplan di Brescia, varato da poco e di futura attuazione, che ricordava come il più del 90% del territorio urbano è occupato dalle auto.
FS: Che stanno ferme tra l’altro più del 92% del tempo. Non le usiamo: stanno lì parcheggiate alla bisogna. Va cambiato anche questo.
Si stanno facendo degli sforzi in senso di mobilità condivisa. Le nuove generazioni sono meno avvezze al possesso dell’auto. Ho dei colleghi che la macchina non ce l’hanno, un motorino non l’hanno mai usato (cosa che non ho usato nemmeno io ma perché ero sfigato come dicevamo) che non hanno l’auto perché quando serve la noleggiano. Se vivi in città puoi farlo, se vivi in campagna è un po’ più complicato.
Sennò ci sono i mezzi, ci sono le bici… Però c’è anche il fatto che la macchina è un po’ un feticcio, come per qualcuno è un feticcio anche la bicicletta…
Bicicletta gravel e felicità
GG: C’è una frase di di Giacomo Pellizzari citata in Bikeforgood.it che dice che la bicicletta è lo strumento che trasforma la fatica in felicità.
C’è in qualche modo un mezzo ibrido che ha preso piede molto nel negli ultimi anni e che è la gravel. Questa bicicletta che mezza bici da corsa e mezza ciclocross, strizza l’occhio alla mountain bike ed è immaginata un po’ come dice il nome stesso per andare su strade bianche, su ghiaia eccetera. Ho notato non a caso che il Bikeforgood.it dedica una sezione a tutto il calendario degli eventi gravel che alla fine è proprio un po’ quella dimensione che dà al ciclista la piacevolezza di uscire dalla città, rimettersi nella natura senza magari dover fare il percorso tecnicamente più impegnativo della mountain bike, ma con l’agilità di poter andare dappertutto.
FS: Se vogliamo tornare sul tema della felicità, la gravel è quel compromesso che da una parte ha l’aerodinamicità e le geometrie per andare veloci e dall’altra gli pneumatici e la comodità per andare fuori dall’asfalto. Quindi coniuga la felicità del bambino che va veloce col vento in faccia e quella dello stare all’aria aperta, ma in un posto bello non in città in mezzo al traffico ma magari in un bosco, in campagna.
Per quanto riguarda il calendario degli eventi gravel è stata un’idea di Davide Ferrari, una delle persone che saltuariamente collaborano con con Bikeforgood.it, che li ha raccolti e io l’ho trovata una bellissima idea. È un bel servizio che ha avuto un grande successo, è una pagina molto visitata e molti ci scrivono per inserire anche i loro eventi.
Non so se per questi motivi, ma la gravel ha superato in vendite la mountain bike che dagli anni ’90 spopolava. Adesso la gravel è segmento di bici che vende di più.
Io la uso, ho sposato questa filosofia e anche se ho provato a fare cose un po’ più impegnative, sono un po’ al limite tra urbano e campagna, diciamo parco agricolo periurbano.
Futuro felice per le città?
GG: Vorrei finire con una nota positiva. La bici conquisterà le città alla fine?
FS: Ci vorrà probabilmente ancora molto tempo, magari un paio di generazioni, però le carte le carte in regola ci sono perché è la soluzione a molti dei problemi delle città attuali.
Se pensiamo agli obiettivi ONU per il 2030, nella maggior parte di quegli obiettivi la bicicletta c’entra.
Basta solo pensare alla salute, all’inquinamento, alla democrazia, al sociale, alla sicurezza. Perché la bicicletta rende tutti uguali. Poi ci sono biciclette da 10.000 euro e quella usata di mia nonna, però poi sono le gambe che la fanno andare per strada.
E come dicevo prima, lo scambio che avviene è diverso. La bici può trasformare le città in modo più più piacevole e democratico.
GG: e saremo anche tutti più consapevoli del fatto che andare al lavoro anche d’inverno in bicicletta non fa partire un freddo così insopportabile. Ci stiamo tropicalizzando per cui anche quella scusa viene meno.
FS: È vero basta una muta si può andare in bicicletta!
GG: io loro voglio ringraziare ancora Bikeforgood.it
Tra l’altro vi invito anche a visitare il sito perché oltre al blog ci sono anche una serie di proposte per chi vuole spingersi anche nella nello sviluppo di progetti anche in chiave marketing di tutto il mondo che gira sulle due ruote e sulla cultura di una mobilità a due ruote.
Bici elettrica e felicità
Dal pubblico: Io avrei una domanda. Per me la felicità è la bici elettrica. Non l’avete nominata e mi criticano tutti. Però è un mezzo assolutamente diffusissimo io vedo un sacco di pensionati in bici elettrica.
GG: siamo stati dannatamente muscolari, facciamo subito ammenda! E grazie davvero per questa osservazione che è preziosa.
Io sono tutt’altro che contrario alla bici elettrica soprattutto laddove diventa strumento di avvicinamento a una mobilità comunque non su quattro ruote e non così invasiva.
Anche perché per molti aspetti la bici elettrica ricade in alcune delle logiche che ben rappresentava prima Fabio, cioè è comunque uno strumento che ci mette a contatto con gli altri, che non ci chiude all’interno di un guscio che ci permette di fruire della città in una dimensione anche di piacevolezza di gradevolezza. Ha il vantaggio, rispetto alla bici muscolare, di ridurre un pochino quell’elemento di fatica che è per molti un deterrente.
FS: Muscolari o elettriche sono sempre biciclette.
Detto questo, tendo a preferire quelle senza batteria, primo perché l’altra mi fa fare più fatica e se faccio più fatica sto meglio e ci sono una serie maggiore di vantaggi a livello fisico.
Secondo, siccome niente di quello che facciamo ha “impatto zero” (è un modo di dire, ma già il fatto che respiri consumi ossigeno, quello che che mangi consuma energia per prepararlo, eccetera) ma se la bicicletta è quasi a zero, se paragonata a un’auto, la bici con la batteria è un pochino di più di quel quasi zero, dal punto di vista del dell’impatto.
Dette queste due, vale per tutte le bici quello che si è detto. Addirittura ho letto di uno studio che diceva che la bici elettrica dal punto di vista neurologico farebbe meglio della bici non elettrica. Non so se per un fatto di reattività, di velocità, che bisogna stare più attenti. Però sta di fatto che esiste questo studio. Quindi porte spalancate alla bici elettrica.
Dp: ma faresti un viaggio in bici elettrica?
FS: Perché no?!
Dp: Allora mi hai risposto.
FS: Ho già provato alcune e-bike, non ce l’ho perché costa ancora troppo!