Brianza in bici: salita al Monte Barro
Ho conosciuto Davide Zeno Ferrari quando ho aperto la ciclofficina popolare di Cinisello Balsamo: è venuto a trovarmi in cerca di una ruota e si è subito proposto di aiutare con il lavoro. È stato il meccanico più talentuoso e più impegnato del gruppo.
Davide ha molte grandi passioni tra le quali i graffiti, la falegnameria, la vela e ovviamente la bici.
Ha uno stile di scrittura e anche di vita molto originali. E oggi gli lascio la parola per il primo dei suoi racconti.
Se apprezzerete e condividerete questo post, forse ne scriverà altri per tutti noi!
Salita al Monte Barro (LC) da Galbiate (ma prima da Cinisello)
26 luglio 2020
Domenica mattina appuntamento in Villa, partenza ore 8.00, con Vincenzo il ciclista ed Ezio il salumiere e tutto il gruppetto.
- Ore 7.15, Cinisello
Papà: “Dai, dai, siamo in ritardo!”
Davide: “No, macché! Abbiamo tempo!”
- Ore 7.30
D.: “Ecco ora siamo in ritardo, dobbiamo scannare!”
- Ore 7.45
Partenza da casa
- Ore 8.10, Villa di Monza
D. (al telefono): “Ciao Enzo, siamo arrivati, vi troviamo per strada?”
Enzo il ciclista: “Ahahahah, ma va’, siamo partiti a cannone, siamo già a Macherio! Vado che altrimenti li perdo!”
…e quindi alla fine siamo partiti in due.
Le bici scelte per la scalata al Monte Barro
Attrezzatura: per me la fedele Kona Penthouse, acciaio, endurance da strada equipaggiata Claris e il vècio sulla Genesis Croix de Fer, acciaio, gravel equipaggiata Tiagra.
La Penthouse si presta anche a escursioni in bikepacking, avendo la predisposizione per parafanghi e portapacchi posteriore, ed è il mezzo che ho già usato l’estate del 2019 per una bella (MA BELLA!) gita di quattro giorni lungo il sentiero Valtellina, da Colico fino allo Stelvio. Ha dei rapporti agili, adatti per montagna, pianura, collina, subacquea… e poi è molto GGGIALLA! Insomma, la prima bici da corsa non si scorda mai.
La Croix de Fer è un modello altrettanto valido per questo tipo di escursione, non ha un peso tanto maggiore della Kona, geometrie più rilassate delle specialissime da corsa. Papà non ha mai pedalato a fini sportivi o urbani e di certo un mezzo del genere è un’ottima scelta per cominciare ad esplorare, anche con fine cicloturistico. Forse una delle ultime Genesis 2020 vendute in nord Italia: grazie Bonus Bici!
Particolarità: essendo un marchio inglese ha il freno anteriore sulla leva di destra e viceversa per il posteriore, ma questo non crea problemi. Ricordo che anche la vecchia e vissuta Taurus freni R di papà, avendo il passaggio del freno anteriore interno al tubo sterzo, ha questa particolarità.
Da Monza a Barzanò
Il sole si nasconde dietro le nuvole, la strada scorre allegra, poca gente in giro in auto in questa mattina di fine luglio post covid. Gruppetti di ciclisti, vento quasi assente, qualche anziano accosta alla strada per far pipì nelle siepi di una villetta.
Il percorso è già arcinoto per il tratto iniziale, ma sul rettilineo di Albiate mi concedo di controllare il navi di Google Maps. Solo poche settimane prima in questi campi mietevano i cereali con le trebbiatrici Claas: uno spettacolo!
Rotonda di Carate, svolta a destra: su Google Maps non pare, ma pedalando si nota un sacco uno strano cambio di pendenza in curva. Mi giro per controllare el mì vècio (e intanto sbircio la giovane ciclista nel gruppo a lato strada).
Quindi, discesa verso il ponte sul Lambro, poi risalita in direzione Camp di Cent Pertigh: qui gli “smilzi” cominciano a superarci e aspetto il vècio che frastimia dietro di me. Lascio fuggire i ricordi del pranzo luculliano in quel del Cent Pertigh e ci ricompattiamo.
Curvone a destra seguendo la strada nei boschi della Brianza, tra un Piercemento e un Gianvilla, e continuiamo a salire verso Monticello Brianza: anche qui la strada è quasi libera e fa un bel contrasto con il traffico indemoniato dei miei ricordi della prima ascesa. Avevo appena iniziato a pedalare la Brianza, con una bici da nonno ristrutturata, rapporto singolo 46×15, manubrio bullhorn che non lasciava spazio alla fantasia, senza portaborracce e senza fondello (argh!).
Anche papà ha già percorso questo tratto poche settimane prima con la Kona gialla, prima che arrivasse la Genesis, con più auto e meno allenamento. Lasciamo che le gambe si muovano agili.
“Cinquanta metri e poi spiana!” è il ritornello che ripeto a entrambi per tutto il tratto, poi alla fine spiana davvero. Gli smilzi continuano a superarci, ma sappiamo che ci stiamo godendo ogni metro. Mi faccio raggiungere all’altezza di Villa Greppi e della sua fontanella e cominciamo un breve tratto in lieve discesa per riprendere la SP51 in direzione di Barzanò. Deviazione per cercare di seguire il navi, mi perdo, e poi ci ritroviamo (“Era tutto voluto, per uscire un po’ dalla monotonia!” auto cit.).
La Brianza del verde e del cemento
Passiamo davanti al Bar Manara di Barzanò, dove fanno una aranciata in lattina buonissima e proseguiamo.
Barzanò era servita da una linea tranviaria tra il 1880 e il 1915, come abbiamo letto sul tazebao di fronte al locale, una suggestione tanto lontana da sembrare preistoria, eppure i mustacchi del capotreno sembrano abbastanza hipster secondo i canoni attuali.
E già passato del tempo e anche se il sole ci concede una pausa, sgranocchio e mi idrato. Spero che dietro di me venga seguito il mio esempio. Condurre il gruppetto di sicuro fa fare esercizio al collo! Le barrette fatte in casa del papi confortano il fisico e la mente: “Com’era quella cit.? Noi non abbiamo un corpo, ma siamo un corpo”.
Proseguiamo sulla provinciale e scorrono centri commerciali, capannoni, e si sente nell’aria come un motto di spirito: “Si lavora e si fatica per la legge dell’ortica”. La fatturazione muove le energie, superiamo e veniamo superati da un gruppetto di anziani. Uno di questi mi colpisce per le vene in rilievo sul polpaccio destro, e solo sul destro; sembrano radici che spaccano il cemento. Spero di mantenere le mie gambe in forma migliore.
Ripercorrendo le strade in maniera virtuale mi accorgo che ancora Google Maps non rende giustizia delle pendenze: la discesa non è vertiginosa ma concede refrigerio dal sole che ormai comincia a bucare le nuvole. Quasi non ci siamo accorti del cambio di luminosità.
Ci facciamo superare dagli anziani di prima (sic!): non voglio impensierire mamma tramite i racconti di papà sullo scarso senso del pericolo che dimostro in bici (in realtà sono sempre prudente e all’erta). Indico a chi mi segue la salita per attaccare il Colle Brianza, e ventilo l’ipotesi di un percorso diverso per l’uscita successiva, che includa, solo per esempio, Colle Brianza e Monte Barro. Mi sa che non ho riscosso molto successo: faremo una salita alla volta.
Leggi anche il racconto (con video) della salita al Passo Zoncolan “Zoncolan: come scalarlo anche senza allenamento con questi 6 ingredienti”
Ancora capannoni, frangia urbana, villette, bar: mi ricordo l’effetto che fanno queste apparizioni quando sei in crisi di fame e mi giro per vedere se dietro è tutto ok. Pare non siamo ancora nella fase del silenzio da esaurimento delle forze.
Finalmente qualche campo verde! Ma poi di nuovo negozi troppo grandi di mega catene commerciali, villette e fatturazione. La Brianza è un po’ così: sali e scendi, dolce e amaro, verde e cemento.
Avvicinamento al Parco del Monte Barro
Ancora qualche km, qualche rotonda e finalmente prendiamo la deviazione per Imberido – Galbiate – Ello – Parco del Monte Barro. Vediamo tre smilzi che scendono, carpisco qualche parola e ci mettiamo a seguirli sulla Provinciale 60. Qui le ville cominciano ad essere importanti, con vista sul lago di Annone e allora ci sta proprio un bel: “Complimenti signora, che bel giardino!”. La signora pare non cogliere e rimane sbigottita dal sole e dalla mia impertinenza. Rido da solo come si conviene a chi apprezza queste avventure.
Il sole bacia il fico, la palma di Brianza, il gelsomino ancora in fiore. Pare che le stagioni siano ritardate ma poi esce il caldo canaglia a castigarci con temperature tipiche del periodo. Non abbiamo ancora fatto rifornimento e siamo partiti ciascuno con una borraccia da mezzo litro e una da zero e settantacinque. Piercemento e Pierfabbrichetta non si vedono più per un po’, sostituiti dagli alberi, siepi e bambù che schermano la via a intermittenza.
Arrivo a Galbiate: divaghiamo per una mezzoretta, chiediamo informazioni e alla fine imbocchiamo la salita giusta. Sciolgo il morso: ci vediamo in cima.
La salita è piacevolissima, carreggiata stretta ma senza traffico, tornanti, pendenze pedalabili, entusiasmo, ogni tanto qualche scorcio d’acqua tra le frasche. Mi viene ancora più voglia di fare qualche salita di alta montagna: vedremo la meteo e gli amici come si incastreranno nelle prossime settimane.
Ormai non c’è modo di sbagliare e lascio ogni preoccupazione riguardo il percorso. A memoria ricordo che, a circa metà della salita, la strada spiana per poche centinaia di metri.
Ci sono alcune auto di escursionisti sparse negli slarghi della carreggiata: penso sarebbe bello seguire la stessa salita anche a piedi, magari perdendomi tra le piante. Alcuni di loro camminano senza pensieri affiancati occupando tutta la via, ma sono inattaccabile, il morale è alto, nulla può turbare il mio Wa.
Do solo una voce e pedalo. I tornanti sono ravvicinati, le pendenze sono in genere modeste e la Kona sale agilmente. “Alè, Alè!” grido come saluto a chi sta già scendendo. Il dislivello segnato sulla cartina è di 252 metri, le percentuali medie sono intorno al 7%, solo poche rampe arrivano al 14%. Raggiungo lo spiazzo dove si apre il balcone sui laghi di Annone, Pusiano e Alserio: una vista pazzesca!
Aspetto con qualche pensiero la Genesis e il suo cavaliere, foto di rito e, mentre riprendiamo la forma, come i materassi Ikea quando li spacchetti, ci raggiunge Enzo in discesa! Un saluto rapido perché il gruppetto è già in fuga per il pranzo.
Dallo spiazzo panoramico alla fontanella ci sono ancora 900 mt di tornanti, boschetti, profumo di grigliatina con tavoli da pic-nic. In corrispondenza di una delle ultime curve il bosco si apre verso il lago di Lecco, anche questa una bella soddisfazione.
Insomma, facciamo rifornimento, ci vestiamo e scendiamo. Cerco di insegnare la discesa come era stata raccontata a me: allarghi in entrata, stringi il tornante, allarghi in uscita. Qualche auto nelle due direzioni smorza la velocità.
La strada verso casa
La strada del ritorno è decisamente più calda, le soste sono quelle consuete sulle rampe della provinciale, consiglio di spruzzare acqua fresca sulle gambe stanche. Al bar preferito di Barzanò incontriamo altri ciclisti: si vede che la voce sulla qualità dell’aranciata si è diffusa.
Un motociclista facendo lo gnorri parcheggia la vespetta a 50 cm dalle bici. Ripensandoci credo che fosse un po’ velista: quando arrivi la mattina presto in rada, getti la catena e sei da solo. La seconda barca non ha nessuna costrizione ma si mette inevitabilmente vicino a te: se hai scelto proprio quel punto un motivo ci sarà! …e così tutte le barche alla fine si trovano parcheggiate affiancate.
Alla fine: circa 90km e meno di mille metri di dislivello positivo (possibile?). Ad ogni modo come sempre la bici si è dimostrata una macchina che produce sorrisi, panorami e…vento contrario!
Cercherò di allenare (o sfiancare) il vècio con altre salitine, ma nel frattempo, a tutti voi, buona strada!