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Case avanzate, corsie ciclabili, parcheggi e altri interventi per la bici in città
Case avanzate per le bici e corsie ciclabili a San Donato Milanese c’erano già 15 anni fa.
Coraggio, intraprendenza e visione sono quello che chiediamo agli amministratori pubblici per rendere le nostre città finalmente a misura di bicicletta, a misura di persone.
E Marco Menichetti, consulente e manager nel campo dell’innovazione ambientale ed Esperto Promotore della Mobilità Ciclistica, ha dimostrato di averli.
Nella sua esperienza di Assessore a San Donato Milanese, Comune al confine con Milano, ha messo in atto politiche per la mobilità ciclistica con 15 anni di anticipo rispetto a praticamente tutto il resto d’Italia.
Ho fatto un’interessante chiacchierata con lui, che puoi rivedere e riascoltare nel video qui sotto o leggerne una sintesi più in basso.
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Gli argomenti di questo articolo:
- La folgorazione per la bicicletta
- La bici è libertà e responsabilità
- Dall’attivismo all’ingresso nell’amministrazione pubblica
- La ciclostazione di San Donato
- L’uso della bici esplode se si offrono servizi adeguati ai ciclisti
- Le case avanzate per le bici
- Come è stato possibile realizzare case avanzate 15 anni prima che comparissero nel codice stradale
- Corsie ciclabili nelle rotatorie
- Parcheggi e stalli per le biciclette
- Contro i furti di biciclette: il progetto “Bici marcata, bici salvata”
- Prevenire i furti come strategia per promuovere la mobilità sostenibile
- Creare sinergie e usare la mobilità sostenibile per sviluppare un territorio
Marco Menichetti – Ciao, sono Marco Menichetti, sono un consulente che si occupa di innovazione in campo ambientale e soprattutto in termini di mobilità e gestione sostenibile dell’ambiente del territorio.
Ho un’esperienza nelle associazioni e nella gestione di aziende e di start up, e ho fatto un’esperienza importante di 9 anni come Assessore nell’amministrazione di San Donato Milanese.
La folgorazione per la bicicletta
BfG – Che cos’è per te la bicicletta? Quando è iniziata la passione per la bici?
– Di bicicletta ne parlavo tanto già da ragazzo, negli anni ’80, quando facevo dei mini corsi nelle scuole elementari e medie e come attivista del WWF. Parlavo della bicicletta come un mezzo che poteva salvarci dall’inquinamento. Ma devo dire la verità che ci credevo poco io per primo.
Poi ho avuto la folgorazione. Ho visto come funzionano le cose da un’altra parte. Sono andato a vivere in Olanda, nella città di Utrecht, quando avevo 19-20 anni e ho scoperto che invece era bello, ma anche normalissimo muoversi tutti i giorni in bicicletta, per qualsiasi esigenza: anche per andare a fare la spesa, per andare a studiare… E lo facevano tutti, dai ragazzi agli studenti, alle persone più anziane. E gli stessi miei amici che venivano a trovarmi in Olanda, mollavano la macchina e in quell’ambiente scoprivano che la bicicletta faceva al caso loro.
Ho capito che non era teoria, ma la bicicletta poteva realmente migliorare la qualità della vita e da allora non l’ho mai lasciata. Anche tornando poi a vivere in Italia, in un ambiente più auto-centrico, e riprendendo a usare la macchina e il trasporto pubblico, ho capito che la bicicletta non è solo la passione per fare un’escursione la domenica, ma è veramente un mezzo utilissimo per tutti i giorni e per tutte le necessità.
La bici è libertà e responsabilità
– Quindi non sei andato in Olanda per studiare la mobilità ciclistica, ti hanno portato altre ragioni.
– La ragione è che avevo conosciuto una ragazza! Però, pensaci: ragazzo a vent’anni, nei primi anni ’90, scopre che andare a un appuntamento con una ragazza, lì facevi più bella figura se ci andavi in bicicletta, invece che andare a prenderla in macchina. E scopre anche che la bicicletta è un mezzo bello fatto per essere liberi, ma anche responsabili.
Li ho dovuto sperimentare i posti di blocco per le biciclette, i poliziotti che ti fermavano e ti facevano il check-up della bicicletta e ti davano la multa se le ruote erano sgonfie.
Una volta che hai una città costruita per la bicicletta, o pensata anche per la bicicletta, sei maggiormente responsabilizzato a fare le cose per bene, per te stesso e per gli altri, perché non puoi più pensare che sia un mezzo di ribellione o un mezzo alternativo, ma fa parte proprio della vita di tutti i giorni.
Dall’attivismo all’ingresso nell’amministrazione pubblica
– Facciamo un salto temporale in avanti. Sei diventato Assessore nel comune di San Donato Milanese e durante il mandato hai attuato delle politiche di mobilità all’avanguardia.
– Il salto non è stato così netto. Tornando in Italia e lavorando in modo continuativo e professionale per il WWF, l’esperienza che avevo raccolto e gli studi fatti sul campo mi hanno permesso di iniziare ad avvicinarmi alle amministrazioni per chiedere di attuare politiche nuove di mobilità e di lotta all’inquinamento.
Si ragionava ai tempi delle prime chiusure del centro di Milano. Contribuì alla promozione dell’idea e e poi alla realizzazione della chiusura di via Dante a Milano. Allora tutti dicevano: “Ma poi come come si farà se via Dante viene chiusa e non passeranno le macchine?” Oggi tutti i commercianti vivono di una via fruita in modo alternativo.
Il passo dopo è stato quello di entrare in un’amministrazione pubblica. Ho avuto la possibilità non più di dire agli altri cosa fare ma di provare a mettere in campo queste politiche.
E sono politiche da una parte complesse, perché non puoi pensare solamente alla bicicletta o alla mobilità sostenibile, tu devi pensare a un’idea nuova di città da attuare nel brevissimo periodo ma con uno sguardo su quella che è la trasformazione urbana sul medio-lungo periodo.
Dall’altra sono politiche anche molto semplici, perché alla fine puoi fare delle cose anche senza spendere molti soldi. Le cose si possono fare anche senza aspettare grossi finanziamenti e quindi rimandare sempre le scelte.
La ciclostazione di San Donato
– Quando ragionavo con l’Assessore del Comune dove risiedevo prima e avevo fondato una ciclofficina, lui mi diceva: “Si potrebbe fare una cosa come la ciclostazione di San Donato” e quando gli ho risposto che non la conoscevo è rimasto sconcertato: “Impossibile che tu non conosca la ciclostazione di San Donato!”
È una cosa a cui hai lavorato tu?
– L’idea l’ho lanciata proprio io. Era arrivata la metropolitana, perché San Donato è sulla linea gialla e ne ha tratto un grosso beneficio. Però il terminal è proprio al confine, sul territorio di Milano, ed è stato per alcuni anni terra di nessuno. Quel luogo era vissuto come un non-luogo, un parcheggio più o meno abusivo.
Naturalmente le prime idee sono state razionalizzare e aumentare i parcheggi per le auto. Ma con un po’ di battaglia, un po’ di convincimento e di coinvolgimento, con il supporto di tecnici qualificati (a quei tempi ci facevamo accompagnare dall’Ecoistituto Alto Adige che lavorava guardando al mondo tedesco), abbiamo pensato a un punto di intermodalità. Abbiamo sistemato degli spazi per gli autobus e abbiamo inserito, più che posti fissi per le auto, pochi posti per il cosiddetto kiss and ride per chi aveva necessità di lasciare giù il passeggero o fermarsi pochi minuti per attenderlo.
E infine abbiamo dedicato un grosso spazio alla bicicletta. Abbiamo fatto circa 300 posti bici con tettoia e si è pensato per la prima volta a una ciclostazione in stile olandese. Un luogo in cui trovare dal servizio di riparazione al servizio di noleggio, al servizio di rivendita bici, di organizzazione di eventi e tutta una serie di cose che mai prima erano state fatte.
Abbiamo realizzato quel luogo ex novo, cioè è stata realizzata la struttura, fatto il bando per l’affidamento per la gestione e si è partiti. E si è iniziato a lanciare anche il servizio di bike sharing.
L’uso della bici esplode se si offrono servizi adeguati ai ciclisti
Abbiamo fatto anche un’analisi dei dati e nel giro di un mese i ciclisti erano aumentati del 300%.
L’allora presidente di Fiab, Riccardi, disse che era la dimostrazione di come in mobilità molte volte le cose funzionano al contrario di quello che è il principio cardine dell’economia. Normalmente l’offerta segue la domanda, qui invece è la domanda che segue l’offerta e quindi è determinata dai servizi e dalle opportunità che si mettono a disposizione.
– È così anche perché, soprattutto in ambito ciclistico, uno dei freni maggiori all’uso della bicicletta nel quotidiano è proprio il fatto di non sentirsi sicuri. Quando ci sono invece infrastrutture e servizi, chi già avrebbe voglia di usare la bici di più inizia a usarla.
– E soprattutto vede che diventa concorrenziale. Quando tu vedi che prendi la bicicletta, esci e arrivi alla metropolitana prima del tuo vicino che è salito sulla macchina, che oltretutto perde ancora più tempo a cercare parcheggio e magari deve anche pagare, non c’è più bisogno neanche di fare la comunicazione.
La comunicazione è importantissima, però questa è la comunicazione automatica che viene ancora più introiettata. È come quello che avevo vissuto io arrivando a Utrecht. Tu stesso ti rendevi conto che era molto più razionale usare la bici.
Ciò non significa abbandonare l’auto o diventare dei talebani dell’ecologia per forza di cose, significa muoversi in modo più intelligente, vivere in modo più intelligente e più salutare.
– Fai una carrellata delle altre cose che hai introdotto e che hai sperimentato nel corso dei tuoi mandati.
– Da Assessore ai lavori pubblici abbiamo realizzato anche dei nuovi box sotterranei di pertinenza per le
residenze nei territori in cui le macchine oggettivamente non avevano spazio di parcheggio, perché ai tempi erano state realizzate case senza nessun tipo di possibilità di box o altre rimesse.
Il mio invito è sempre di vederla in modo complessivo e razionale. Se realizzo il box, questo mi serve perché sulla superficie tolgo quello spazio alle macchine, perché l’obiettivo è portarle sotto e ricostruire quegli spazi, pensarli per una soluzione diversa.
Case avanzate per le bici
Per quanto riguarda la bicicletta, l’attività è stata fortemente improntata alla promozione anche all’interno delle scuole. Una promozione che avveniva anche con i gestori della stessa stazione delle biciclette, che quindi non erano dei semplici meccanici, ma andavano anche a raccontare di bicicletta nelle scuole.
Abbiamo sperimentato con successo altre cose che in altri Paesi Europei sono normali. Una è la cosiddetta casa avanzata per le biciclette ai semafori.
Ritorniamo al fatto di non dover per forza spendere tanti soldi. Il piano delle piste ciclabili è stato fatto e alcune in effetti anche di una certa portata da un punto di vista infrastrutturale, ma altri interventi sono stati fatti subito con poca vernice, quindi con pochi soldi, e con interventi che erano di manutenzione delle strade.
Abbiamo realizzato ai semafori le case avanzate, cioè l’attestamento per la bicicletta davanti all’auto.
Le case avanzate funzionano così. L’auto, nel momento in cui c’è il rosso, si deve fermare un po’ più indietro e permettere ai ciclisti di essere di fronte. Questo intervento, che costa pochissimo e che si fa in un giorno, salva la vita ai ciclisti perché l’autista ti vede, ti ha davanti e quando parti non ti costringe a fare lo zig zag in mezzo alle auto se devi girare a sinistra.
Le case avanzate sono un intervento che accettano tranquillamente tutti. Non abbiamo visto, se non in pochissime eccezioni, l’auto invadere quello spazio. Quando io uso la macchina accetto subito di fermarmi un po’ più indietro e di fare posto all’utente più debole di me sulla strada.
Un altro intervento è stato fatto in quest’ottica, quella che oggi iniziamo a chiamare come urbanistica tattica ma che io vedevo ancora come una una scelta naturale legata alle risorse legate alla tempistiche immediate di realizzazione.
L’idea è stata restringere delle carreggiate e ricavare delle piste ciclabili sulle strade già esistenti o spostando i parcheggi o in alcuni casi eliminando degli spazi parcheggio per farci passare, ancora una volta usando solo la vernice, una corsia ciclabile, uno spazio per le biciclette o per i pedoni.
Come è stato possibile realizzare case avanzate 15 anni prima che comparissero nel codice stradale
– Le case avanzate sono state introdotte molto di recente nelle regole nel codice, invece voi le avete fatte con molto anticipo! C’è stata qualche difficoltà per farle accettare ai tecnici comunali che di solito ci vanno sempre con i piedi di piombo, perché poi tra virgolette pagano in prima persona, e dicono: “Non è previsto dalla legge, quindi non lo faccio”.
– Stiamo parlando dei primi anni duemila. È una cosa che nel codice non c’è mai stata per cui la risposta che arrivava da un tecnico era questa: “Non lo possiamo fare, non ci prendiamo questa responsabilità”.
Io invece questa responsabilità me la sono presa da amministratore, ho forzato la mano, abbiamo studiato il modo perché questo potesse avvenire, perché non stavamo mettendo a rischio la vita di qualcuno, ma anzi al contrario dovevamo contribuire a migliorarla e a ridurre le possibilità di incidenti. L’abbiamo studiata con i tecnici e con la polizia locale.
Il codice non vietava le case avanzate: non le prevedeva, ma non le vietava. A questo punto, abbiamo realizzato le case avanzate come continuazione di una pista ciclabile e laddove questa pista ciclabile non c’era, l’escamotage per rispondere a eventuali ricorsi è stato realizzare pochi metri di corsia ciclabile prima, che in pratica era l’imbocco alla casa avanzata.
Non c’è stato nessun tipo di riscontro negativo, e anzi la regione Puglia riprese l’esperienza della città di San Donato Milanese, a mille chilometri di distanza e lo inserì all’interno del piano della mobilità ciclabile regionale.
Quindi stiamo parlando di un’amministrazione locale che riesce a dare il la a delle scelte che poi si sono allargate a livello regionale e oggi a livello nazionale. Sono cose pratiche, semplici sulle quali dobbiamo ribaltare il ragionamento: perché non farle, non perché farle!
Corsie ciclabili nelle rotatorie
Sulle strade, l’altra cosa che abbiamo fatto sono state le corsie ciclabili nelle rotonde. A un certo punto è iniziata la moda di realizzare le rotonde agli incroci. La rotonda è stata un disastro per le poche piste ciclabili o per i percorsi ciclabili esistenti da realizzare.
– Da ciclista la rotonda è una cosa che mi spaventa abbastanza.
– Ma poi non si sa perché tantissimi progettisti o realizzatori di percorsi ciclabili, quando si arriva a un incrocio e soprattutto a una rotonda, si dimenticano della bicicletta, per poi ricordarsene di nuovo subito dopo la rotonda, dove ricomincia il percorso. Ma in rotonda, elemento abbastanza tipico italiano, i ciclisti dovrebbero volare.
– Effettivamente anche in qualche incrocio succede che qualche metro prima sparisca la pista ciclabile, proprio dove servirebbe di più, perché gli incroci e le intersezioni sono le zone dove si verificano più incidenti.
– Sì, è così. Ultimamente purtroppo in molti hanno anche iniziato a cancellare, e lo stesso nella mia città, pezzettini di pista ciclabile dove c’è la fermata dell’autobus. Si pensa sempre che a un certo punto la bicicletta possa scomparire.
La mia esperienza di viaggio deve invece essere completa, continua. Noi abbiamo realizzato le corone circolari ancora una volta o dipingendole o realizzandole ex novo laddove la rotonda veniva realizzata per la prima volta. Per cui la bicicletta aveva il suo spazio su tutta la rotonda, perché alle volte viene realizzata una possibilità di percorso per la bicicletta ma solo in una direzione. Cioè tu puoi attraversare la rotonda magari per andare dritto ma non è previsto che che tu possa girare a sinistra, a destra o ritornare indietro.
Parcheggi e stalli per le biciclette
L’ultimo aspetto sul quale abbiamo lavorato è stato quello dei parcheggi per le bici. È stata posta grossa attenzione anche al lavoro con i mobility manager d’azienda e con gli amministratori condominiali perché si facessero interventi da parte di privati, aziende, condomini, per incentivare o supportare le scelte verso una mobilità più sostenibile e verso l’utilizzo della bicicletta.
Abbiamo messo mano al regolamento edilizio e anche questa non è una cosa facilissima perché tante volte viene detto: “Non si può fare”.
Nel regolamento edilizio sono state introdotte una serie di prescrizioni ad esempio per le grosse ristrutturazioni dei condomini, per le realizzazioni ex novo di edifici, di strutture e uffici, di grossi punti vendita, che devono prevedere con un meccanismo percentuale rispetto alla realizzazione del sito, delle strutture dedicate al ricovero delle biciclette. Un po’ come la legge Tognoli per i parcheggi per le auto.
Se ci sono venti famiglie in una casa, queste venti famiglie devono avere un ricovero biciclette ben strutturato e, nel cortile, rastrelliere o comunque postazioni per chi viene a trovarti e quindi può lasciare la bicicletta in sicurezza.
Perché l’altro tema importantissimo è che io devo sentirmi sicuro di potermi muovere ma devo anche trovare un alloggiamento della mia bicicletta. Se vado a trovare un amico e lì c’è scritto “vietato entrare con la bici” o se anche mi fanno accedere ma non so dove lasciarla, in molti casi non mi muovo in bicicletta.
Contro i furti di biciclette: il progetto “Bici marcata, bici salvata”
– Adesso hai portato avanti un’altra iniziativa, questa volta è una cosa molto recente, che è quella della punzonatura delle biciclette per prevenire i furti. Ci spieghi l’idea?
– Questa è un’idea ripresa e mutuata da esperienze che stanno già avvenendo in altre città italiane. La stiamo promuovendo come Fiab e altre due associazioni a livello locale. È stata acquistata la punzonatrice, una macchina che i volontari delle associazioni mettono a disposizione per poter segnare sul telaio della bicicletta di proprietà di ciascun cittadino il proprio codice fiscale o un altro codice identificativo.
– Quindi si può scegliere di usare un codice diverso dal codice fiscale? Perché ho letto qualche critica per il fatto che il codice fiscale sia un dato sensibile.
– Problematiche di quel tipo non ci sono, io non sto costringendo nessuno, è il cittadino stesso che sceglie se vuole farsi punzonare la bicicletta e noi consigliamo di punzonare con il codice fiscale per un semplice motivo.
Se una bicicletta viene rubata potrebbe finire un po’ dappertutto e se c’è il mio codice fiscale chiunque, qualsiasi organo di polizia o altro, anche se non conosce il progetto “Bici marcata bici salvata” intuisce che quello è il codice fiscale del proprietario e può rintracciarmi, capire se io avevo denunciato il furto o altro.
Ci sarà la possibilità di inserire un codice alfanumerico generato automaticamente e verrà realizzato un database che viene messo a disposizione delle forze di polizia, ma questo costringe a conoscere il progetto o il database, però naturalmente si può fare.
Prevenire i furti come strategia per promuovere la mobilità sostenibile
È un’altra di quelle azioni sinergiche che va sempre nella stessa direzione. La bicicletta può anche non essere una bicicletta di grandissimo valore, ma non è un oggetto che mi faccio rubare tranquillamente. La bicicletta è un mezzo importante per la mia vita, ne ho cura e rispetto delle regole.
Dall’altra parte adottiamo dei sistemi per cercare di prevenire il furto che è uno dei motivi per cui poi la gente non va più in bicicletta. Mi rubano la bicicletta, io magari anche solo 1-2 mesi, prima che la riacquisti probabilmente mi muoverò solamente in macchina anche quando io per primo non ne avrei voglia.
– È successo anche a me e devo dire che è più una questione di fastidio di andarne a cercarne un’altra, perché con l’acquisto di una macchina te ne possono rubare moltissime di bici e i soldi li risparmi lo stesso.
– E se questi furti son ripetuti nel tempo, così come i danneggiamenti, il rischio è che non ne voglio più sapere e quindi faccio altre scelte. Se va bene mi mi compro la bicicletta pieghevole che quindi mi tengo sempre con me, se va male userò solamente la macchina.
Le strutture d’accoglienza, di noleggio e tutti i servizi anche di bike sharing vanno in quella direzione: io ho bisogno della bicicletta al momento giusto, nel modo giusto, che sia mia di proprietà o altro.
C’è una cosa che ho imparato nella mia esperienza.
Nelle prime campagne che seguì coordinando l’ufficio clima del WWF Lombardia, negli anni ’90, alla gente si diceva di fare dei sacrifici perché così miglioravamo l’ambiente e riducevamo l’inquinamento. Non può funzionare così.
Io devo sapere che i miei comportamenti devono essere anche virtuosi, devono contribuire a migliorare il pianeta, a migliorare l'ambiente, ma lo devo fare in un'ottica di efficientamento della mia vita, in un'ottica di miglioramento anche della mia qualità della vita.Click To Tweet
– Bisogna far riconoscere alle persone il vantaggio dell’uso della bicicletta.
– Certo! E se io vado alla ciclostazione dove penso di trovare solamente un riparatore e invece lì mi fanno conoscere anche il programma di gite organizzate per tutto l’anno, mi consigliano sul giusto equipaggiamento bici per quando piove…
– Mi sembra di capire che a San Donato la tua “eredità” sia stata raccolta, si stanno ancora facendo cose buone.
– Eh, alla fine si è poco profeti in Patria tutti. Le cose sono state fatte e sicuramente sono state apprezzate alle volte. Ora parlano tutti di urbanistica tattica, ben venga, sono contentissimo, è una cosa su cui si spingeva tutti da anni!
Ecco, forse i sandonatesi non si sono resi conto che siamo stati tra i primi a sperimentarla con successo perché anche lì gli incidenti nelle vie in cui abbiamo introdotto queste scelte, abbiamo ridotto il calibro della strada per l’utilizzo dell’auto e messo quindi il passaggio per le biciclette, c’è stata una riduzione del livello di rumore, perché le macchine vanno più piano se hanno meno spazio. E soprattutto si sono ridotti drasticamente gli incidenti, e specialmente incidenti gravi non ci sono più stati.
Creare sinergie e usare la mobilità sostenibile per sviluppare un territorio
– Ti chiedo un consiglio. Con il gruppo locale di Pedalala Martesana che abbiamo lanciato stiamo iniziando a incontrare gli amministratori locali dei vari Comuni che compongono la Martesana che è un’area abbastanza estesa e, per promuovere il territorio e creare opportunità anche di economia, ma soprattutto portare più gente in bicicletta, stiamo cercando di convincerli a creare un sistema che sia unitario, che non ci siano per esempio Comuni in cui la ciclabile finisce al confine e poi bisogna fare a 3-400 metri di provinciale pericolosissimi prima che ne inizi un’altra nel Comune di fianco.
Cosa si può fare per mettere insieme le varie teste, i vari assessorati e farli ragionare insieme a un tavolo comune? Che azioni possiamo mettere in campo noi per essere di aiuto a loro?
– Hai lasciato la domanda più difficile in fondo. Mettere assieme e soprattutto far lavorare in modo sinergico le amministrazioni non è facile. Alle volte anche per fortuna perché così ci può essere il comune che parte, fa da apripista e fa vedere che le cose si possono realizzare.
Quello che può essere il mio consiglio, e quello che propongo molte volte laddove mi viene chiesto come esperto, è quello di iniziare almeno a ragionare di comunicazione, anche visiva, comune. Se non riesco ancora a fare il raccordo fra una pista ciclabile e l’altra, tra un percorso e l’altro, almeno iniziare a fare gli stessi cartelli, le stesse comunicazioni.
Fate una campagna social su tutto il territorio, assieme anche alle associazioni, assieme ai cittadini, che punti agli stessi obiettivi comunicativi e di cambiamento dei comportamenti in termini virtuosi.
Non parlo dei cartelli stradali, che per legge hanno già delle prescrizioni, ma di tutto quello che indica anche il posteggio bici. Se ognuno lo fa a modo su, già hai dato questa idea di frammentarietà e di poca importanza che stai dando al percorso e alle scelte di chi si muove in bicicletta.
Fino anche ad arrivare a controlli sulla sicurezza, ad esempio sull’utilizzo delle luci, dei catarifrangenti, che sia esteso su un territorio un po’ più vasto. Lo comunichi ai cittadini, chiedi ai cittadini di farlo, magari gli dai l’incentivo, gli regali il catarifrangenti alla prima biciclettata che organizzi su tutto il territorio e poi però controllate tutti assieme che il ciclista sia responsabile e faccia le cose per bene.
La seconda cosa è istituire un coordinamento dei mobility manager comunali o degli uffici comunali alla mobilità per iniziare a lavorare assieme, a scambiarsi esperienze, a confrontarsi su dati e risultati.
Sembrano cose banali ma mi sembra già tanto perché lo stallo bici in prossimità dei negozi viene anche fatto, non sempre purtroppo, però viene anche fatto.
– Sono scolapiatti però di solito.
– Sì, infatti, ma al di là di questo, mettiamo che tutte queste cose siano fatte per bene, se poi non le comunichi, non le indichi e non lo fai in modo anche coordinato, le persone non possono tutte le volte avere un manuale per la lettura del territorio. Se tu comunichi e fai vedere visivamente che c’è un coordinamento fra tutti, questo viene immediatamente apprezzato e con poco acquisti anche consenso.
– Ti ringrazio per il consiglio e per la lunga e interessante chiacchierata. Probabilmente ci sarà modo di sentirsi ancora.
– Benissimo, grazie a te!