Ciclismo e mobilità: il mondo della bici dopo il Coronavirus
Martedì 31 marzo 2020 si è tenuto un evento unico nel suo genere. Esperti di tutto il mondo si sono riuniti per la prima volta in una conferenza virtuale per parlare di ciclismo, mobilità e urbanistica.
Si tratta del Digital WorldBike 2020, la prima conferenza virtuale al mondo su ciclismo e mobilità ciclistica.
Per me che non avevo mai partecipato a qualcosa del genere, è stata un’esperienza coinvolgente.
Una volta registrato all’evento, ho effettuato l’accesso alla piattaforma, ma c’è voluto qualche secondo per capire cosa dovevo fare. Vedevo questa immagine sulla homepage del loro sito ma non capivo cosa avrei dovuto fare per seguire la conferenza on-line.
Dopo qualche tentativo ho capito come navigare nella pagina. Avevo di fronte l’immagine di una città (sempre diversa) e in primo piano il rendering di avveniristici edifici dove si sarebbe svolto l’evento.
Cliccando su uno di questi, si poteva entrare nella lounge di ingresso dove chiedere informazioni al banco o fare conoscenza con gli altri visitatori, in una chat apposita.
Cliccando sulla parte principale dell’edificio, si entrava in uno showroom organizzato su 3 piani. Ad ogni piano c’erano i vari stand degli sponsor espositori. Cliccando sul singolo sponsor si poteva parlare (cioè chattare) con il rappresentante (virtuale) allo stand, vedere i prodotti o guardare i video di presentazioni della marca.
In un terzo padiglione, si svolgevano le conferenze vere e proprie. Le conferenze erano organizzate secondo interventi di 20-25 minuti l’uno e si svolgevano in tre sale separate, una per argomento: ciclismo come sport, tecnologia e mobilità urbana.
In totale, oltre 25 conferenzieri di diversi continenti sono stati invitati a parlare. Io sono riuscito a seguire alcuni degli interventi della sala sulla mobilità, altri li ho recuperati on-line e così puoi fare anche tu, visto che gli interventi registrati sono disponibili sul sito del Digital WorldBike fino al 30 di aprile.
Naturalmente l’esistenza di una conferenza virtuale ha una grande rilevanza in tempi come questi, in cui la pandemia da Coronavirus costringe gran parte del mondo a evitare contatti diretti con altri esseri umani. E gli effetti di questa reclusione sono stati un tema molto presente nei dibattiti che si sono succeduti.
Sul ruolo che l’industria e l’uso della bicicletta poteva avere nel mondo post-Coronavirus, c’è un discreto ottimismo. L’uso della bicicletta è aumentato in molte parti del mondo per effetto della pandemia e può essere la risposta a molti dei problemi delle società del futuro.
Un’opportunità da cogliere per riflettere sulla mobilità e sull’urbanistica
La presentazione di maggior impatto, secondo il mio punto di vista, è stata la prima, quella del professor Marco Te Brömmelstroet, direttore dell’Urban Cycling Institute di Amsterdam.
Marco ha ricordato che il linguaggio è performativo cioè è in grado di creare la realtà.
L’urbanistica è nata con un linguaggio che avvicinava la città a un organismo (pensa a metafore come “il cuore della città” e “arterie stradali…”), ma un organismo meccanizzato.
La logica di fondo era di tipo egoistico. In pratica, una persona aveva il problema di spostarsi da un punto A a un punto B e questo problema doveva essere risolto nel modo più veloce possibile. Quindi al fine di raggiungere il proprio utile economico, il traffico è diventato il problema principale da combattere nelle città.
Nelle città, viste in questo modo come un organismo funzionale, non c’era tempo né spazio per la negoziazione, quindi le regole del traffico dovevano essere imposte dall’alto per esempio con l’utilizzo di semafori.
Siccome la velocità era il valore da raggiungere, tutto il lento, tutto l’umano era da marginalizzare, era letteralmente da togliere dalla strada.
E allora Marco ci mette in guardia sul fatto che quando si sceglie una parola per descrivere la realtà, poi le ragioni della scelta si dissolvono e la parola si sostituisce alla realtà stessa.
La strada può essere vista come lo spazio per le auto che pedoni e ciclisti devono attraversare, oppure, da una prospettiva opposta, come spazio per le persone, che le auto devono attraversare.
In questo momento in cui la mobilità è sotto pressione, e quindi il suo linguaggio è fluido, è importante riflettere bene sulla scelta delle parole che vogliamo usare.
Contrariamente che con i veicoli a motore, con la bicicletta c’è meno bisogno di regole perché c’è più tempo per la negoziazione.
In bici l’elemento umano è più visibile che dentro un’auto, dove è nascosto dalla tecnologia. In bici è impegnato tutto il nostro corpo e si è più pronti all’interazione con gli altri.
La bicicletta è uno strumento semplice per riorganizzare la società in modo radicale. In bicicletta si può negoziare, creare società più unite e solide.Click To Tweet
Altri insegnamenti sul mondo della mobilità
Quelli che seguono sono spunti interessanti tratti da altri interventi sulla mobilità del Digital WorldBike.
Secondo Raluca Fiser (Presidentessa della World Cycling Alliance), nel 2030 le morti di ciclisti vittime di incidenti saranno dimezzate, l’industria della bicicletta avrà il 30% di occupati in più e ci saranno il 50% in più di utenti.
Raluca ha ricordato che un popolo non nasce con una “cultura ciclistica”, ma che i risultati si ottengono lottando per i propri valori.
Su questo concorda Saskia Kluit, Direttrice di Fietsersbond, che ha detto che anche in Olanda la discussione sulla mobilità è accesa, ma lì hanno il vantaggio di avere le prove che la mobilità sostenibile funziona.
Kevin Maye (CEO di Cycling Industries Europe) condivide l’ottimismo. Ha sostenuto che i primi negozi ad aprire dopo la pandemia saranno quelli di bici e che la prima cosa che vorrà fare la gente sarà stare all’aperto.
Meike Jipp (Capo Dipartimento all’Institute of Transportation Systems, German Aerospace Center) ha mostrato un dato secondo cui in Germania nel 2018 sono morti il doppio dei ciclisti italiani. Secondo gli studi effettuati, i ciclisti muoiono principalmente agli incroci, dove l’80% degli automobilisti non presta attenzione ai ciclisti.
La sperimentazione del suo istituto ha dimostrato che il metodo più efficace per proteggere i ciclisti è posizionare un piccolo semaforo con il simbolo della bici lampeggiante, che metta in guardia l’automobilista.
Eyal Santo (Direttore del Bicycle & Micro-Mobility Pilot Projects di Tel Aviv) si augura che la distanza creata dal Coronavirus sia solo fisica e non “sociale”, come viene chiamata la distanza da rispettare per evitare il contagio.
Una città a misura di bicicletta è una città vivace e questo va di pari passo con la prosperità del commercio locale. Perché se è vero che gli automobilisti spendono di più dei ciclisti (in media 27 dollari contro 16 dei ciclisti), è anche vero che dove si parcheggia una sola auto, si possono parcheggiare 10 biciclette. Quindi la spesa può, in linea teorica, passare da 27 dollari a 160.
Chris Bruntlett (Marketing and Communication Manager presso la Dutch Cycling Embassy) ha sottolineato che fare piste ciclabili vuol dire non togliere posto alle auto ma darglielo, perché le piste ciclabili toglieranno un automobilista dalla strada e lo metteranno in sella. È un’osservazione all’apparenza paradossale che però rivela quanto implementare la mobilità ciclistica faccia bene a tutti gli utenti della strada.
E su queste note termina il mio riassunto, con con l’invito a impegnarci a preservare l’aria pulita che respiriamo in città in questi giorni.
Spero che questo breve report ti sia stato utile. Per restare aggiornato su eventi legati alla mobilità ciclistica e al mondo della bici in generale, ti raccomando di iscriverti alla nostra newsletter e seguire Bike for good sui social.
Grazie per il preziosissimo report. Sono stupito e al contempo confortato dall’aver letto riflessioni che faccio tra me e me da tanto tempo. Quindi non sono l’unico (esemplare questa faccenda paradossale che chi va in bici fa aumenta la disponibilità di parcheggi e spazi per chi deve andare in auto!
Grazie, Giancarlo! Siamo tanti, in realtà. Dobbiamo trovare il modo mettere insieme le forze e far sentire la nostra voce. Io ci sto provando, sia on-line che off-line.