Davide Rebellin e l'Atlante dei morti in bicicletta
Che senso ha una mappa dei morti in bicicletta?
Il 3 maggio scorso si è tenuto un convegno organizzato da Paolo Bozzuto, appassionato di ciclismo e Professore del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano, per presentare l’”Atlante dei morti in bicicletta e dei feriti gravi”.
L’incontro si è aperto con la proiezione del documentario Il vecchio saggio su Davide Rebellin, ex campione di ciclismo, morto pochi mesi fa investito da una persona alla guida di un camion.
Dopo il documentario, Silvio Martinello, che è stato compagno di squadra di Davide Rebellin al Team Polti, e altri esponenti del mondo del ciclismo professionistico hanno portato la loro testimonianza sull’uomo Davide Rebellin.
I dati sugli incidenti che coinvolgono i ciclisti
Quindi si è passati alla presentazione dell’Atlante dei morti in bicicletta.
Le studentesse che hanno condotto la ricerca insieme a Paolo Bozzuto, hanno illustrato il loro lavoro.
Le fonti utilizzate per l’Atlante dei morti in bicicletta sono state:
- il sito della commissione europea e in particolare la sezione mobilità e trasporti.
- Il sito ISTAT (che riporta però dati aggiornati solo fino al 2021)
- il sito dell’ASAPS (Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale) e la rivista Il centauro dove si raccolgono mappe con georeferenziazione di incidenti in cui muore un ciclista (dati parziali perché raccolgono solo i morti sul colpo, non i feriti che non ce la fanno)
- Il Report di Polis di Regione Lombardia
I dati raccolti dicono che nei primi 4 mesi del 2023 sono morti 36 ciclisti e che sono stati 154 nel 2022 (fonte ASAPS).
Lombardia e Milano
La Lombardia è la regione dove avvengono più incidenti mortali che coinvolgono un ciclista. Con Emilia Romagna, Veneto e Toscana costituisce il 68% degli incidenti mortali.
Va sottolineato che quando si parla di incidenti con decesso che coinvolgono un ciclista, di norma il ciclista è la vittima. In Lombardia il 92% dei feriti e il 96% dei morti sono ciclisti.
Le statistiche dicono che per ogni ciclista che muore ci sono circa 100 feriti “ufficiali”, ovvero senza contare tutti quelli che non necessitano di visita medica nell’immediato. Quindi è il numero di feriti che dà la dimensione della drammaticità del fenomeno.
Sulla quota di spostamenti la percentuale di feriti in bicicletta è di gran lunga maggiore degli altri mezzi di trasporto.
Anche se manca un dato puntuale a proposito di quanti incidenti ci sono in relazione al numero degli spostamenti in bici che avvengono e ai km percorsi in bicicletta.
A Milano il 36% degli incidenti non è imputabile ad altri. Ed è un dato “esagerato” che tiene in considerazione anche i casi dubbi e che dice in sostanza che per almeno ⅔ degli incidenti la responsabilità non è da imputare al ciclista.
La maggior parte degli incidenti avviene in carreggiate a doppio senso. Piazzale Loreto è il punto di Milano dove succedono più incidenti a Milano.
Obbiettivi dell’Atlante dei morti in bicicletta
L’obbiettivo finale dello studio è la costruzione di una mappa di incidentalità per poter individuare i luoghi dove avviene la maggior parte degli incidenti e dove concentrare gli sforzi di prevenzione.
Altri obbiettivi della ricerca includono:
- monitorare l’andamento del fenomeno e i risultati ottenuti grazie agli interventi,
- scorporare eventualmente i dati relativi a incidenti che coinvolgono ciclisti, visto che la rivelazione ad oggi è basata sui veicoli coinvolti e non sulle persone,
- istituire un osservatorio nazionale per raggiungere l’obbiettivo precedente.
Bozzuto si augura di riuscire a raccogliere dati sul tipo di bicicletta usato e sul tipo di spostamento che stava conducendo il ciclista coinvolto nell’incidente.
Le riflessioni degli esperti
Su quest’ultimo punto ha insistito anche Marco Mazzei, consigliere comunale di Milano e promotore di diversi OdG nell’ottica di una maggiore democrazia della viabilità.
Mazzei ha sottolineato che il dato sarebbe utile per sfatare la dicotomia tra persone che lavorano e si muovono in auto, e persone in bicicletta che stanno semplicemente facendo un giro (cosa che sarebbe comunque lecita), perché è facile scoprire che molte delle vittime in bici stavano anche loro andando a lavoro.
Il lavoro sulle infrastrutture e sulla messa in sicurezza secondo Mazzei deve andare di pari passo con quello della sensibilizzazione e dell’educazione, perché la mancanza di infrastrutture adatte e piste ciclabili non deve essere un alibi alla responsabilità individuale.
Marco Della Vedova, direttore sportivo ed ex ciclista, ha lanciato un vero allarme per la sicurezza degli sportivi in bicicletta e ha definito “allucinante” il comportamento degli automobilisti nei confronti degli atleti che si allenano in strada, costantemente esposti al pericolo.
Paolo Bozzuto ha detto che la strada da luogo del conflitto è diventata oggetto del conflitto.
Stefano Munarin, docente di architettura a Venezia, ha condotto una riflessione sul fatto che consideriamo causa di un incidente l’ultimo evento che è successo prima. Ci concentriamo sui particolari (la bici aveva i catarifrangenti? Il ciclista indossava il caschetto? Ha rispettato la precedenza?), non sulle condizioni generali che hanno reso possibile il fatto, cioè le sue concause (come l’eccessiva presenza di mezzi pesanti e auto, per esempio).
Le corsie ciclabili realizzate su Corso Buenos Aires a Milano non solo hanno triplicato i ciclisti ma hanno anche permesso di dimezzare i pedoni investiti. Per questo l’architetto Valerio Montieri ha invitato, mentre si fa attenzione ai ciclisti, a pensare anche ai pedoni e a non ragionare per categorie distinte.
Sulla stessa strada
C’è ancora molta strada da fare, per riempire il gap informativo. E Paolo Bozzuto ha garantito che si impegnerà a trovare i fondi perché questo lavoro di ricerca sull’Atlante dei morti in bicicletta venga portato avanti.
Da parte mia, anche se è molto triste che debbano essere tragedie come quelle capitate a Michele Scarponi e a Davide Rebellin a stimolarlo, ho notato che per una volta si siano superati gli steccati che sembrano separare mondo agonistico e mondo della mobilità ciclistica e si sia parlata la stessa lingua.