Emissioni CO2: quante se ne producono andando a lavoro?
Come si calcolano le emissioni CO2 e climalteranti del tragitto casa-lavoro? E in che modo il bike to work combatte il cambiamento climatico?
Il bike to work è argomento caro a Bike for good e per questo, abbiamo intervistato Ignazio Leone, Ingegnere ambientale ed Esperto promotore della mobilità ciclistica che ha scritto un elaborato riguardante le emissioni CO2 del tragitto casa-lavoro e su come ogni azienda possa calcolare le emissioni climalteranti prodotte.
BfG: Ciao Ignazio, presentati ai lettori di Bike for good. Chi sei, che lavoro fai, qual è stata la tua formazione, quando e come mai hai iniziato ad appassionarti alla bicicletta?
Ignazio Leone: Ciao! Sono un ormai 41enne di un paese del bellissimo Salento, ma dall’età di 19 anni un po’ in giro per l’Italia. Avendo la passione per le tematiche ambientali, ho avuto la fortuna di poter studiare Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio; dopo la laurea mi sono occupato soprattutto di gestione rifiuti e risorse idriche.
Mi sono appassionato alla bicicletta soprattutto dopo averne apprezzato le qualità come mezzo di trasporto, ecologico, economico, salutare e chi più ne ha più ne metta!!!
Entriamo subito nel tema caldo di questa intervista. Nella tesina di fine corso di specializzazione in Esperto promotore della mobilità ciclistica dell’Università di Verona, hai messo a punto un sistema per calcolare l’inquinamento prodotto dagli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti di una singola azienda. Spiegaci in modo semplice come funziona.
Diciamo che non mi sono inventato niente, mi sono semplicemente basato su una metodica (il GHG – Greenhouse Gas Protol) messa a punto da una collaborazione ventennale tra il World Resources Institute (WRI) e il World Business Council for Sustainable Development (WBCSD). Nello specifico si tratta uno standard internazionale per la contabilizzazione di tutte le emissioni climalteranti, dirette e indirette, prodotte da aziende e organizzazioni.
Nella mia tesina mi sono limitato a considerare le emissioni climalteranti relative ai soli spostamenti casa-lavoro. Il calcolo è relativamente semplice, si tratta di moltiplicare la distanza percorsa annualmente da ciascun dipendente di un’azienda per il fattore di emissione di gas climalteranti specifico per il mezzo di trasporto usato da quel dato dipendente.
Sul sito del Greenhouse Gas Protocol vengono messi a disposizione dei fogli di calcolo preimpostati per l’esecuzione di questo calcolo, in cui è sufficiente inserire la distanza degli spostamenti. Sono infatti già presenti i fattori di emissione, estrapolati tra l’altro da banche dati di organismi altamente affidabili (IPCC, EPA, DEFRA).
Chiaramente la scelta e l’utilizzo dei fattori di emissione è un aspetto estremamente importante, in quanto può condizionare enormemente la contabilizzazione finale delle emissioni di gas serra. Bisogna assolutamente rifarsi a banche dati aggiornate e affidabili.
È un modello replicabile da ciascuno di noi per le nostre aziende?
Certamente! A patto che vi sia la volontà da parte dell’azienda e la collaborazione dei lavoratori e delle lavoratrici, che devono essere opportunamente motivati e coinvolti attivamente nell’attività, in quanto saranno questi ultimi che dovranno fornire informazioni quanto più precise possibili sui loro spostamenti, ed eventualmente essere disposti a cambiare le loro abitudini.
Come consigli di procedere per la raccolta dei dati?
Qui mi trovi impreparato! Nella mia tesina ho “costruito” un caso studio basandomi essenzialmente su dati statistici, senza cimentarmi in una vera e propria raccolta dati. Sicuramente però questo è un aspetto fondamentale e, come accennavo prima, credo richieda un grande coinvolgimento dei lavoratori e delle lavoratrici.
Le emissioni CO2 durante l’utilizzo e durante il ciclo di vita di un veicolo.
Nel tuo elaborato dal titolo “IL RUOLO DELLA MOBILITÀ CICLABILE NEGLI SPOSTAMENTI CASA-LAVORO” citi uno studio canadese secondo il quale le emissioni C02 e gas climalteranti di auto elettrico-ibride sarebbero il 20% in meno rispetto alle auto tradizionali. Sei in grado di argomentare contro o a favore di quanti (tra i quali Lorenzo Pagliano, professore al Politecnico di Milano) dicono che le auto elettriche inquinano quasi come quelle a combustibili fossili? Sostengono che la maggior parte degli inquinanti sono prodotti da pneumatici e freni e il maggior delle auto elettriche vanifica le minori emissioni inquinanti dalla combustione. Anche se come illustra il grafico sottostante si parla di particolato più che di CO2.
Domanda interessantissima perché mi permette di tornare su un punto fondamentale intorno a cui ruota la validità e la correttezza di questo tipo di analisi: cioè la scelta e l’utilizzo di fattori di emissione opportunamente determinati, che tengano quindi conto di tutti gli elementi che concorrono alla generazione di gas serra (quindi, relativamente alle automobili, non solo la combustione, ma anche l’attrito a cui sono sottoposti freni e pneumatici).
È fondamentale che la determinazione dei fattori di emissione si basi su robuste analisi del ciclo di vita di un’attività/prodotto (le cosiddette LCA – Life Cycle Analysis), vale a dire valutazioni che tengano conto degli impatti ambientali generati in tutto il ciclo di vita di quella data attività o prodotto.
Faccio un esempio molto banale: adesso in molte città è esplosa la moda dei monopattini elettrici, considerati come l’ultima frontiera del trasporto sostenibile. Effettivamente questi mezzi non producono alcuna emissione durante il loro utilizzo, proprio come una bici: ma non è assolutamente vero che siano così tanto ecologici come vengono spacciati. Non è pertanto corretto attribuire a questi mezzi un fattore di emissione di gas climalteranti pari a zero, perché per funzionare necessitano di energia elettrica (che in Italia è attualmente prodotta per più del 60% da fonti non rinnovabili quali carbone, gas naturale e nucleare).
Tornando alla tua domanda sull’equivalenza, in termini di emissioni di gas serra, di auto elettriche e auto tradizionali, credo che l’analisi fatta dal professor Pagliano possa fornire un dato molto più accurato rispetto a quello da me utilizzato nella tesina (e che faceva riferimento a un documento del 2014 del Dipartimento delle Risorse Naturali del Canada).
Ad ogni modo poi, è mia profonda convinzione che la mera conversione del parco auto tradizionale in elettrico non sia sicuramente la risposta né all’inquinamento ambientale (per il discorso che facevo sui monopattini), né alla congestione del traffico e alla conseguente invivibilità delle nostre città.
Il bike to work e la promozione dell’uso della bici per ridurre le emissioni
Quanti degli spostamenti sono facilmente convertibili alla bicicletta? Perché è importante che questo accada?
Sicuramente una buona parte degli spostamenti cittadini, che coprono distanze fino ai 5 km, possono esser tranquillamente fatti da chiunque in bicicletta. Se poi pensiamo che in alcune realtà urbane questi spostamenti vengono effettuati per circa l’80% dei casi tramite l’automobile privata, si capisce subito l’importanza di agire su questo fronte.
Quali strategie sarebbe opportuno mettere in campo per convincere questi pendolari a effettuare il bike to work e ridurre le loro emissioni di CO2, secondo te?
Qui le idee e le possibilità sarebbero tante, se solo ci fosse una chiara volontà politica. In Italia siamo un po’ all’anno zero da questo punto di vista, sebbene alcune regioni si sono iniziate a muovere, per esempio tramite degli incentivi economici per favorire la mobilità integrata bici+mezzi pubblici.
A livello internazionale invece ci sono esempi molto interessanti, si va dai meri incentivi economici (Cyclescheme nel Regno Unito all’Indemnité kilométrique vélo in Francia) fino al cambio totale di paradigma nelle politiche di pianificazione e di mobilità urbana (penso al caso di Oslo, una tra le prime città a “scacciare” le auto dal centro cittadino).
Un cambio di paradigma di questo tipo non può che richiedere il coinvolgimento attivo dei cittadini e delle cittadine e una grande lungimiranza politica, capace di scorgere i benefici ambientali, sanitari e socio-economici a medio e lungo termine piuttosto che i costi economici (e le perdite di consenso elettorale forse?) di breve periodo che tale scelta comporta.
Dove possiamo leggere di più su questi argomenti? Puoi indicarci delle fonti?
Per quanto riguarda la tematica della contabilizzazione delle emissioni di gas serra, non posso che consigliare il sito del GHG Protocol che ho già citato in precedenza.
Relativamente al tema degli spostamenti casa-lavoro non avrei una specifica fonte da indicare, io personalmente ho trovato utile approfondire la tematica tramite alcuni interessanti rapporti pubblicati nell’ambito di progetti finanziati dall’Unione Europea. Per citarne uno, il progetto PASTA (Physical Activity Through Sustainable Transport Approache, consultabile all’indirizzo https://pastaproject.eu), in cui vengono riportati i miglior 8 casi studio di promozione della mobilità attiva (bici e camminata).
Grazie Ignazio!
E se anche voi volete iniziare a recarvi a lavoro in bici ma siete insicuri perché non lo avete mai fatto o non avete dimestichezza con il traffico, potete accedere da qui alla guida gratuita per il bike to work e aiutare anche voi a diminuire l’inquinamento e le emissioni di CO2.
Le auto elettriche hanno meno emissioni anche considerando l’intero ciclo di vita, è un dato ormai accertato da decine di studi. Quando morirà questa bufala?
https://www.forbes.com/sites/mikescott/2020/03/30/yes-electric-cars-are-cleaner-even-when-the-power-comes-from-coal/
https://www.transportenvironment.org/newsroom/blog/are-electric-vehicles-cleaner-evidence-points-firmly-one-direction
Poi… l’energia elettrica per alimentare un monopattino è minima, l’impatto ambientale è semmai nella produzione e smaltimento di veicoli che purtroppo durano pochissimo.
PS ma mi spiegate cosa c’entra l’usura di freni e pneumatici con le emissioni di gas serra?