G.round: un’avventura in bici nelle campagne a sud di Milano
Una bici gravel ti porta in posti inaspettatamente belli a un passo da casa
Stare dietro a tutti gli eventi gravel che vengono realizzati in giro per l’Italia è diventato un lavoro. Dove sono? Quando sono? Come ci si iscrive? Quanto tempo abbiamo prima che chiudano le iscrizioni?
Per questo Davide ha creato un file che li racchiude tutti e con tutte le informazioni utili.
Ed è grazie a della sua iniziativa che mi è tornata voglia di partecipare a qualcuno di questi eventi e di descrivere come è andata.
(NB: alcuni dei nomi che leggerai sono di fantasia, nel rispetto della privacy dei protagonisti del racconto)
G.round sono una serie di eventi che per la stagione 2022/2023 tocca le seguenti tappe:
- Firenze
- Assisi
- Milano
- Torino
La G.round di Milano si è svolta sabato 28 gennaio. Partenza dal negozio di biciclette del quartiere Barona La stazione delle biciclette e arrivo finale al locale Upcycle, diventato ormai luogo di riferimento per bikepackers e ciclisti di ogni tipo a Milano.
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Non ho molto allenamento nelle gambe, perciò decido di raggiungere il luogo in metro, anche se stare per quasi un’ora in piedi in metropolitana sorreggendo la bici non è che sia molto riposante.
Sono uno degli ultimi ad arrivare. Qualcuno parte mentre io arrivo, ma il grosso del gruppo partirà dopo di noi.
Riconosco subito i miei soci e mi aggrego a loro. Girando tra la folla riconosco Serena di Myfamiybike che ho conosciuto al Bike festival di Cuneo e che mi ha emozionato con i suoi racconti di viaggio con le sue bimbe e la decisione coraggiosa di lasciare il lavoro per dedicarsi alla passione della bicicletta.
Tra le mie conoscenze più “influenti” c’è anche la collega EPMC Ilaria di MIlano in bicicletta, ma la vedrò solamente all’arrivo all’Upcycle.
Non vedo invece il mio amico Federico, ma dalla posizione condivisa so che non è ancora partito. Devo chiamarlo al telefono per riuscire a fare un selfie con lui.
La partenza della G.round
Finalmente si parte. Tutti vanno in una direzione, mentre Luca continua a dirci che la traccia indica dalla parte opposta.
Luca è un fantasista e interpreta la traccia a modo suo, cercando piccole scorciatoie o passaggi più affascinanti che però ci costringono a tornare sui nostri passi.
“Ora capisci perché le tracce da 100 km diventano da 120” mi dice Giovanni.
Per evitare altre escursioni fuori traccia, mi metto alla ruota di Daniele che so che vuole fare il percorso “corto”.
Daniele ha fretta e il navigatore segna che pedaliamo a una media di 29 km/h. “Non reggerò a lungo questo ritmo” confesso agli altri.
Si attraversa un pezzo di città prima raggiungere i navigli. Ed è subito ciclocross: bici in spalla e si sale e si riscende dal ponte.
Ci vorrà ancora un po’ prima che inizi il primo segmento di sterrato. È lì che ci dividiamo, lo sterrato spetta a chi devia per il percorso “lungo”, noi lo assaggiamo per un centinaio di metri prima di accorgerci che il percorso corto proseguiva sulla strada asfaltata.
Il cordolo infame
Ci sono voluti oltre 10 km prima che il paesaggio si aprisse. La strada si fa stretta e prosegue in mezzo ai campi. Più avanti si imbocca un agile sterrato e il sole basso della mattina d’inverno copre tutto di magia.
Ma arriva un altro pezzo di provinciale. Daniele si accorge della ciclabile sul lato opposto, attraversa la strada e io lo seguo. Supera la dolce discesa in erba che separa la carreggiata, ma un cordolo infame quasi nascosto dall’erba lo sgambetta.
Daniele cade sulla spalla sinistra.
Non una caduta spettacolare. Non sono preoccupato ma chiedo come va, se si è fatto male.
Cerca di rimettersi in piedi ma non risponde. Non è un buon segno.
Mai sottovalutare una caduta in bicicletta!
Si avvicinano altri 2 ciclisti che dispensano consigli.
Daniele non riesce ad alzare bene il braccio. Dice di sentire dolore alla testa dell’omero. Non si lamenta, ma accetta il consiglio di sedersi per terra.
Dopo un po’ mi dice di continuare con i due ciclisti e che lui troverà il modo di tornare a casa. Non è saggio percorrere degli sterrati con una spalla già dolorante.
Lo aiuto a togliere i guanti e lo scorto per qualche metro. Sembra più grave del previsto, ma quando inizia a pedalare più convinto lo lascio andare e torno al mio percorso.
Ci teniamo in contatto e mi aggiorna mano a mano su come va.
Il piatto forte della G.round
Brevi tratti di provinciale, piccole strisce asfaltate in mezzo ai campi e ampie strade sterrate si alternano.
Si incrociano diversi canali e per alcuni attraversamenti è d’obbligo scendere dalla bici.
Vicino a Casorate Primo, a solo un terzo del percorso, c’è il ristoro.
Ed è magnifico! Mica stuzzichini, ma piatti da portata.
Mi riposo solo qualche minuto e riprendo a pedalare, desideroso di rivedere il resto del gruppo al traguardo.
Il tracciato prevede un po’ troppe strade trafficate per i miei gusti, ma fattibilissime in realtà.
Ogni tanto qualche sentiero in cui la bici affonda un po’ nel terreno soffice.
In alcuni punti si affronta il fango, ma me ne aspettavo di più.
I paesaggi restano incantevoli.
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Apprezzo molto i single track intorno al lago del mulino di Cusico e ai laghi di Basiglio. Veramente bei posti.
Il rientro in città
Superati i 50 km, la fatica inizia a farsi sentire. La media oraria si abbassa e si palesano i limiti del mio allenamento ancora scarso.
Si passa per Rozzano e per Assago. Qui il paesaggio è un po’ troppo motoristico, tanto che temo che la traccia mi porti direttamente in tangenziale.
Poi si passa davanti all’abbazia di Chiaravalle e da qui il percorso coincide quasi fino alla fine con quello di AbbracciaMI, il percorso ciclabile ideato da Marco Mazzei (ora consigliere del Comune di Milano) che unisce i parchi periurbani e quartieri periferici che nascondono però alcune sorprese.
Questo è anche il percorso del mio bike to work. Anche se i muscoli iniziano a bruciare, mi sento a casa.
Il buontempone che ha disegnato la traccia invece di fare il cavalcavia dell’Ortica ci costringe a 3 piani di scale con la bici in spalla per superare la ferrovia.
Ma ormai ci sono. Dopo 81 km, finalmente arrivo alla meta.
Cerco subito di capire a che punto sono gli altri:
- Federico? È ancora lontano. Ha allungato il giro perché un contadino bloccava la strada e non ne ha voluto sapere di far passare i ciclisti.
- Giovanni? Anche lui è stato costretto al ritiro e si è accomodato sul “van scopa” per un indurimento muscolare.
- Lorenzo?
- Luca?
Non ci sono notizie sicure. Potrebbero essere dispersi.
Scambio qualche parola con i ciclisti che man mano arrivano, tra i quali riconosco un’altra “ciclostar”: Silvia di Cicliste per caso.
Appena recuperata un po’ di energia, riparto per gli ultimi 12 km che mi portano a casa.
Sognando una doccia calda e il meritato riposo, penso che questa G.round è stata una grande avventura in posti vicini ma che conosco poco e che mi hanno sorpreso per la loro bellezza. Un’avventura condivisa insieme a centinaia di cicliste e ciclisti.
E se vuoi vivere avventure come quella del G.round consulta il nostro calendario!
Ma un attimo!
- E Daniele?!
La diagnosi è quella della rottura dell’omero. Che sfiga!