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Chi va in bici è miracolato
Questa è l’opinione di Jacques Faizant, vignettista scrittore e cicloturista francese, che ha scritto una cosa bellissima a proposito dell’efficienza della bici:
“Anche se a volte chi fa fatica in bicicletta vi sembra patetico, non lo compatite: INVIDIATELO. Ha scoperto che il tappeto volante e gli stivali delle sette leghe delle favole esistono e coincidono con il siero di lunga vita.
Chi va in bici non è, come si fa finta di credere, un automobilista caduto. È un PEDONE MIRACOLATO.”
Per capire perché, leggi questo articolo tratto da un manuale francese di biomeccanica del ciclista.
Risparmiare energia grazie alla bici
La bicicletta consente all’essere umano di andare più veloce che a piedi facendo meno fatica e sempre senza consumare altra energia che non sia la propria.
Della bicicletta, l’essere umano è sia passeggero che motore.
Il ciclista è in equilibrio sulla sella della sua bicicletta. Solo gli arti inferiori sono in movimento, tra due punti “fissi”: l’articolazione dell’anca (quasi solidale alla sella) e il perno della guarnitura.
La sua traiettoria segue il manto stradale e il suo baricentro rimane alla stessa distanza dal suolo. Tutto il suo lavoro mira a combattere l’attrito, soprattutto con l’aria (variabile in funzione della velocità) e la gravità, quando va in salita.
Chi va in bici fa uno sforzo minimo per rimanere in posizione. I suoi muscoli sono utilizzati solo per la locomozione, in modo molto efficace.
A velocità costante, non c’è quasi nessuna “perdita” di energia cinetica e queste riguardano solo le gambe e interessano solo l’1% dell’energia cinetica totale del ciclista.
Come ci si muove quando si cammina
Quando si va a piedi è molto diverso.
Il pedone si spinge in avanti grazie a un gesto “naturale”, quotidiano e fondamentale, che definisce il suo status di primate bipede: camminare. Un gesto facile ma un po’ più costoso in termini di energia.
Lo spostamento consiste in una traslazione di tutto il corpo, dovuta a movimenti alternativi dei due arti inferiori, il tronco rimane in equilibrio sopra il bacino.
Nel movimento della camminata, la lotta contro l’attrito è meno importante perché la velocità è minore. La resistenza contro la gravità è minore perché non c’è il peso della bici.
Perché camminare è meno efficiente
Ma camminare necessita di maggiore energia a causa del tipo di movimento.
Una parte significativa dell’energia che si consuma camminando è dovuta all’oscillazione verticale.
Se non ci fossero meccanismi compensatori, l’elevazione del baricentro sarebbe di circa 7,5 cm in un maschio adulto. Lo spostamento del baricentro generale del corpo umano è infatti attenuato dai movimenti del bacino e dallo smorzamento ginocchio e caviglia combinati.
Il bacino ruota attorno ad un asse verticale e porta avanti l’anca. Ciò consente di aumentare la lunghezza del passo senza abbassare eccessivamente il baricentro.
Il cingolo scapolare subisce contemporaneamente una rotazione nella direzione opposta. Quando l’anca destra è in avanti, la spalla sinistra è indietro. Il bacino si inclina e si sposta lateralmente verso l’arto portante, da un lato per mantenere l’equilibrio, d’altra parte per attenuare i sussulti nei cambi di altezza del baricentro.
Camminare provoca oscillazioni sia verticali che orizzontali (sinusoidali) del baricentro.
Gli squilibri del corpo che determinano perdita di efficienza
Quando si cammina, ci sono significative “perdite” di energia cinetica dovute a decelerazioni e accelerazioni di tutto o di parti del corpo, in particolare gli arti inferiori (che hanno una fase di appoggio e poi una fase rapida oscillazione).
Solo la velocità della parte superiore del corpo è approssimativamente costante durante il ciclo del passo.
La deambulazione è dovuta a un susseguirsi di squilibri corporei che devono essere tenuti sotto controllo. Il baricentro è proiettato, ad ogni passo, davanti al poligono di appoggio. L’equilibrio generale viene recuperato solo quando la gamba in oscillazione riprende il contatto con il suolo.
In pratica, camminando è come se perdessimo l’equilibrio a ogni passo e ricadessimo sul piede che appoggiamo in avanti.
Tutti i muscoli del corpo partecipano alla corretta gestione dell’equilibrio: i muscoli dell’anca prima di tutto (soprattutto i piccoli e medi glutei), i muscoli della colonna vertebrale e del tronco e i muscoli degli arti superiori, che svolgono un ruolo di equilibrio.
Consumi energetici a confronto
Esercitando la stessa potenza, quando andiamo in bici in piano raggiungiamo velocità molto maggiori che a piedi. Ma questo vantaggio si assottiglia sempre di più mano a mano che le pendenze della salita aumentano.
Un uomo adulto, a piedi, impiega mediamente 5 ore per percorrere 30 km in piano. Mentre in bici, impiega solo 1 ora e 20 minuti. Consuma 114 kilocalorie pedalando e 344 kilocalorie a piedi.
A parità di dispendio energetico, di 500 kcal ad esempio, è in grado di percorrere, in piano, 130 km in bici e 44 km a piedi.
Un ciclista allenato procede invece alla stessa velocità di chi va a piedi se la pendenza arriva al 16-17%. Ma se la salita lo obbliga a scendere dalla bicicletta, non solo si trasforma in pedone, ma avrà anche il peso e l’ingombro della propria bici da trasportare.
La differenza di efficienza su terreno pianeggiante può essere spiegata solo dal fatto che in bicicletta si consuma meno energia e che il proprio peso assume una rilevanza minore.
Chi va in bici beneficia inoltre delle migliori possibilità meccaniche del proprio mezzo e di una posizione in sella particolarmente favorevole in termini di biomeccanica.
I vantaggi meccanici che determinano l’efficienza della bici
1. La ruota
Il primo vantaggio meccanico del ciclista è la ruota. Fantastica invenzione già dai tempi della Mesopotamia.
2. La ruota libera
La seconda è la ruota libera, meccanismo che permette alla ruota di girare in avanti anche se il pignone è fermo.
Nelle discese la ruota libera permette al ciclista di recuperare quasi interamente la sua energia potenziale gravitazionale, mentre il pedone è obbligato ad assorbire ogni passo, soprattutto con i quadricipiti, per controllare costantemente il tuo equilibrio.
Anche in piano, il ciclista può concedersi momenti di tregua, ad esempio mettendosi al riparo dall’aria dietro a un compagno. Può beneficiare della sua energia cinetica molto più del pedone.
3. I rapporti
Il terzo vantaggio meccanico per il ciclista è la possibilità di cambiare marcia. Il gioco degli ingranaggi consente una precisa regolazione dello sforzo. Come il pedone, può variare la lunghezza del suo passo.
La frequenza di pedalata è in parte correlata alla velocità di marcia.
L’efficacia della posizione in sella
Dicevamo che il gesto di pedalare è, a livello biomeccanico, più efficace del gesto di camminare.
Il motivo sta nel fatto che le articolazioni degli arti inferiori lavorano in condizioni più favorevoli.
Infatti, la propulsione del ciclista o del camminatore avviene durante l’estensione delle tre articolazioni principali: anca, ginocchio e caviglia e questa estensione è tanto più efficace quanto più è fatta da una posizione flessa.
Durante la camminata, la flessione dell’anca supera di poco i 20°, mentre è di almeno 30° nella pedalata, e raggiunge i 70° all’inizio della parte di maggiore spinta: quella in cui l’arto si estende e il pedale è in avanti.
Camminando, i muscoli dell’anca, e soprattutto i glutei, sono usati in pratica solo per mantenere l’equilibrio.
La flessione del ginocchio più efficace è compresa tra 60 e 90 gradi di flessione. Durante la pedalata, il campo di azione del ginocchio va da circa 40° a 115°.
Durante la camminata, la flessione del ginocchio è invece quasi sempre inferiore ai 30°. E se è vero che può arrivare a 60°, questo succede a metà della fase di oscillazione dell’arto inferiore, cioè in un momento che non produce spinta.
Infine, quando camminiamo muoviamo la caviglia all’incirca delle stesse ampiezze di quando pedaliamo. La sua efficienza motoria, durante l’estensione, è reale perché il tricipite surale (il muscolo del polpaccio, che è anche flessore del ginocchio) lavora nelle migliori condizioni. La caviglia svolge quindi un ruolo essenziale anche nella camminata, soprattutto al termine della fase di appoggio.
E più il terreno è inclinato, più l’anca e il ginocchio di chi cammina si piegano per preparare la spinta. (Ce ne rendiamo conto molto bene quando saliamo le scale). È in parte per questo che la differenza a favore del ciclista diminuisce all’aumentare della pendenza.
La differenza biomeccanica tra corsa e camminata
Nella corsa, come nella camminata, il gesto è caratterizzato da due fasi: appoggio e oscillazione. Ma il carico aerodinamico si riduce e non c’è più il doppio appoggio.
C’è quindi un momento in cui il nostro corpo non è più a contatto con il suolo. È la fase detta di sospensione o di volo, che è più lunga in proporzione alla velocità.
Il contatto con il suolo avviene prima attraverso il tallone come nella camminata, nel caso del mezzofondo e della distanza, o solo dall’avampiede, nello sprint.
Bacino e busto sono inclinati in avanti. Il raggio di movimento delle articolazioni dell’arto inferiore è molto maggiore che durante la camminata, soprattutto per quanto riguarda la flessione.
Questi fatti, insieme al rilascio di “energia potenziale elastica” così immagazzinata nei muscoli, spiegano le migliori prestazioni della corsa rispetto alla camminata.
Un confronto tra l’efficienza della corsa e quella della pedalata
Nella corsa, la flessione del ginocchio e dell’anca può anche essere molto significativa durante la fase di oscillazione. Ma durante la fase di appoggio motorio, non raggiunge le ampiezze osservate nel movimento del ciclista.
Gli spostamenti verticali del baricentro del corridore persistono, leggermente aggravati dai movimenti verticali dell’arto inferiore, in particolare del ginocchio e del piede all’indietro.
Nella pedalata, il peso della gamba che si muove all’indietro è compensato dal peso dell’altro arto che scende in avanti. Nel corridore, l’alzata del piede all’indietro, durante la fase di volo e di oscillazione, non è compensata dall’altro piede.
L’energia potenziale gravitazionale così creata viene riutilizzata dallo stesso arto per proiettare in avanti la coscia e sollevare il ginocchio.
Ma ci sono perdite di energia in tutto il resto del movimento, così come la persistenza dei vincoli muscolari e articolari nel runner, a tutto vantaggio del ciclista, almeno su terreno pianeggiante.
Esagerando un po’, potremmo affermare che l’essere umano non è ancora adatto alla deambulazione bipede, se non su terreni molto ripidi. Anche se trae grandi vantaggi dalla posizione eretta nell’affrontare il mondo.
“L’essere umano in bicicletta”, d’altra parte, è quasi sempre avvantaggiato negli spostamenti, dalla sua posizione, dalla ruota libera e dagli ingranaggi della bici (tre frutti della sua intelligenza) e, nel gesto stesso di pedalare, da resti arcaici del suo passato di quadrupede.
È così che l’essere umano in bicicletta, ha la migliore efficienza energetica rispetto al peso, di qualsiasi altro animale o macchina. Molto più efficiente di serpente, topo, mosca, coniglio, automobile, elicottero, jet, essere umano a piedi, piccione, cavallo e salmone. E simile per efficienza al treno.