Mobilità sostenibile. Perché l'Italia è in ritardo?
Cosa manca all’Italia per colmare il gap che la separa di più evoluti Paesi Europei in fatto di mobilità sostenibile?
No, non è la cultura, non sono le idee, non è una questione genetica (“eh ma loro sono Olandesi!”).
Mancano l’attenzione ai dati e il coraggio.
Continua a leggere e saprai perché.
Muoversi domani
Venerdì scorso si è tenuta la presentazione del libro Muoversi domani (scaricabile gratuitamente dal sito dell’editore Franco Angeli) alla biblioteca Cesare Pozzo di Milano (puoi rivederla in fondo a questo articolo).
Tra gli interventi degli autori, voglio soffermarmi sui 2 che sono stati particolarmente significativi per le tematiche di questo blog.
Si tratta degli interventi Matteo Dondé, architetto che si occupa di mobilità attiva e qualità degli spazi pubblici e Paolo Pinzuti imprenditore e fondatore del portale Bikeitalia.it.
Dai loro interventi ho tratto un interessante insegnamento.
Insegnamento #1: per la mobilità sostenibile in Italia manca l’attenzione ai dati
C’è molto poco di sostenibile nelle città italiane se paragonato all’estero.
Così ha esordito Matteo Dondé nel suo intervento.
In Italia ci si affida più alle opinioni che ai dati quando si parla di mobilità.
Nelle città Italiane si perde un sacco di tempo a causa del traffico. Roma è seconda solo a Bogotà a livello mondiale, Milano è la settima città peggiore del mondo.
E questo non perché in Italia le città non siano disegnate per accogliere le auto, ma perché di auto ce ne sono davvero troppe.
A Milano, una delle città più virtuose d’Italia, ci sono più di 50 auto ogni 100 abitanti, il doppio della maggior parte delle città europee.
Lo spazio pubblico è ostaggio delle auto che sono ferme per il 92% del tempo.
E quando vengono usate le auto sono usate inutilmente per fare distanze che si possono fare in bici se non a piedi.
Le auto sono parcheggiate sui marciapiedi, sulle strisce pedonali, in seconda fila e sulle piste ciclabili.
80% della superficie urbana è occupata dalle strade e le strade sono nella nostra concezione dedicate al flusso dei veicoli.
Per non parlare del problema della sicurezza stradale.
In Italia ci sono 9 morti al giorno per incidenti stradali e l’incidentalità urbana cresce invece che decrescere come nel resto d’Europa.
In Italia pochissimi bambini vanno da soli a scuola. Sono il 7% contro 30-40% dei paesi del Nord Europa. Se lo facessero avrebbero maggiore capacità di apprendimento, come dicono vari studi.
La soluzione: meno auto e città 30
Avere meno auto sarebbe un toccasana per tutti, anche per chi l’auto deve usarla per necessità.
L’ONU ha lanciato 2 anni fa una campagna per trasformare tutte le città del mondo e portare la velocità massima a 30 all’ora. Una campagna di cui si è parlato pochissimo in Italia
Il limite dei 30 km/h è la soluzione per molti di questi problemi. Bisogna però ricordare che non bastano i cartelli: lo spazio pubblico va ridisegnato in modo che non ci sia bisogno di controlli, di multe e di convincere le persone a comportarsi in un certo modo.
Il limite dei 30 orari aumenta la sicurezza e quindi le persone si sentono più sicure e usano di più bici e si spostano di più a piedi.
I 30 all’ora aumentano anche la qualità dello spazio pubblico, perché riducono lo spazio dedicato alle auto per distribuirlo alla mobilità dolce, alle persone, al verde pubblico.
Ancora sul confronto tra Italia e resto d’Europa
A Barcellona, sono state create le Superillas.
Alcuni grandi incroci sono diventati piazze. Grosse arterie di traffico sono state liberate dalle auto parcheggiate e trasformate in corrodi verdi.
Dopo l’introduzione delle superillas, il traffico non è congestionato come si credeva ma è “evaporato”. Molte persone hanno deciso di abbandonare l’auto.
Dopodiché tutte le strade cittadine della Spagna sono diventate a 30 km/h.
Esportare il modello delle Superillas a tutta la città si stima che porterebbe a un risparmio di 677 morti premature l’anno, con una crescita dell’aspettativa di vita di quasi 200 giorni a persona, e al risparmio di 1,7 miliardi di euro l’anno.
A Bruxelles, a 18 mesi dall’inizio dell’introduzione del limite a 30 km/h si sono ridotti del 50% morti e feriti gravi. Si è ridotto del 40% l’inquinamento acustico (con grandi ripercussioni sulla salute dei cittadini) e i tempi di percorrenza sono cambiati di pochissimo.
La mobilità pedonale è aumentata del 7% in un anno, quella in bici dell’8%.
Questo è quello che dicono i dati.
Ma manca dunque il coraggio del decisore politico – e purtroppo a volte anche degli stessi attivisti (mi è capitato 2 o 3 anni fa che venisse rifiutata la mia proposta di inserire tra le richieste da inviare all’amministrazione il limite orario dei 30 km perché ritenuta troppo radicale).
Ma secondo la testimonianza di Dondé, ogni volta che si fanno esperimenti dal basso di urbanismo tattico, poi sono le stesse persone a chiedere il cambiamento verso una mobilità sostenibile.
Insegnamento #2: per la mobilità sostenibile in Italia manca il coraggio
Paolo Pinzuti ha raccontato di un colloquio avuto con l’assessore alla mobilità di Valencia, l’italiano Giuseppe Grezzi, che gli ha confessato di essere incredulo di come il decisore politico in Italia sia ancora legato al concetto di consenso.
Gli amministratori italiani non fanno quello che devono perché devono chiedere il permesso ai cittadini. Invece di intascare il risultato elettorale e ripresentarsi al giudizio delle urne a fine mandato.
Neanche l’amministratore di condominio si comporta così, perché se c’è qualcosa da fare la fa senza convocare un’assemblea per ogni decisione.
Ogni famiglia italiana spende in media il 25%-40% del proprio reddito per mantenere una o più auto.
Il dato è del 2018, senza tenere conto dei tassi di inflazione degli ultimi anni.
Siamo alla settima tornata di incentivi all’acquisto di auto, dice Pinzuti. Ma l’Italia non produce più auto e il concessionario ci smena quando ne vende una, perché ormai margina il 2% e paga il 4% di interesse.
Non si capisce a questo punto per chi stiano lavorando i politici che incentivano le auto. Nessuno ci guadagna, non i cittadini che ne respirano i gas di scarico, non chi le vende, e non gli italiani che le producono perché non ci sono più. Forse i politici hanno solo paura del cambiamento.
Una speranza per la mobilità sostenibile
Pinzuti chiude il suo intervento con una nota positiva. Si dice convinto che la crisi energetica che stiamo attraversando stimolerà di nuovo il genio italico e ci permetterà come accaduto in passato di copiare finalmente quello che all’estero stanno già facendo e di farlo meglio, innovando.
E ora, se vuoi rivedere la presentazione completa del libro Muoversi domani, ti lascio alla registrazione dell’incontro.
È probabile che, con un limite di 30 km/h, le persone si sentano più sicure ad attraversare i centri città a piedi o in bicicletta. In questo modo, diminuirebbe anche il numero di automobili in circolazione e calerebbe il tasso di inquinamento dell’aria, che ha raggiunto livelli davvero altissimi. Per sostenere veramente la riduzione delle emissioni inquinanti, però, secondo noi è essenziale incentivare quei guidatori che devono necessariamente utilizzare l’auto a scegliere un veicolo elettrico, quindi a emissioni zero, e spingere anche le aziende a scegliere veicoli commerciali elettrici specialmente per gli spostamenti nei centri urbani.