Una lezione sul marketing etico
“Per definizione, ciò per cui si fa marketing è per forza di cose inferiore, altrimenti non verrebbe pubblicizzato.”
Questa citazione, quasi scioccante, è tratta dal libro Antifragile di Nassim Nicholas Taleb, economista e filosofo di cui abbiamo già parlato qui.
Taleb ci fornisce un’interessante lezione sul marketing etico.
Marketing vanitoso vs marketing etico
È del tutto contrario all’etica descrivere qualcosa sotto una luce migliore di quella reale.
Ciò che ha bisogno di grosse campagne di marketing, se non è di bassa qualità, potrebbe addirittura essere nocivo, come, secondo Taleb, sono nocive le bibite gassate.
Il marketing è per Taleb come quelle persone che continuano a vantarsi delle proprie imprese e a esaltare continuamente le proprie qualità.
Il tuo istinto di conservazione dovrebbe spingerti lontano da persone così gonfie di sé e così noiose.
Questo mi fa ripensare a una cosa che sentivo ripetere a mia madre che “chi si loda si imbroda”.
L’antidoto del passaparola
Sarebbe sicuramente più apprezzabile se fosse qualcun altro a raccontare le eccezionalità di una persona “(preferibilmente non sua madre)”. Risulterebbe tutto più credibile e simpatico, è la persona in oggetto farebbe una figura migliore a mostrare un po’ di umiltà.
Per questo, il più grande se non unico filtro da utilizzare nei confronti del marketing è il passaparola.
Il marketing che va al di là della semplice offerta di informazioni è segno di insicurezza.
Se chi si vanta risulta presuntuoso e fastidioso, le aziende sono spesso più abili nell’autopromozione (e nell’inganno).
Quando la promozione è spudorata, la cosa non ci tocca e danneggia solo la loro immagine.
Altre aziende pongono sotto una luce positiva loro stesse e i loro prodotti, nascondendo i difetti.
Anche in questo caso, il passaparola, il parere degli altri clienti ci viene in soccorso.
Marketing ingannevole
Ma spesso il marketing è usato per presentare in modo ingannevole un prodotto o servizio, facendo leva sui nostri bias cognitivi o sulle nostre associazioni mentali.
Quando per esempio un pubblicità fa vedere un prodotto in associazione a una situazione di bellezza naturale e relax.
Pensiamo al citatissimo (anche perché abusatissimo) caso delle auto che viaggiano isolate in ambienti selvaggi e naturali.
Esistono forse esempi di utilizzi più criminosi che si possano fare del marketing, ma quello che riguarda molte pubblicità di automobili mostra prospettive terribili.
Queste pubblicità fanno passare l’idea che guidare un’auto sia un’attività rigenerante e sinonimo di libertà.
Siccome auto in circolazione ce ne sono molte di più di quelle che mostra la pubblicità, guidare un’auto è un’esperienza diametralmente opposta. Guidare un’auto significa il più delle volte rimanere imbottigliati nel traffico ed è un’esperienza altamente stressante.
Può succedere che qualcuno compri un’auto alla ricerca inconscia di una maggiore connessione con il creato e si ritrovi richiuso in un abitacolo a insultare e respirare gas potenzialmente letali.
Marketing etico
Questo succede perché le aziende non posseggono un’etica (al contrario dei singoli individui), ma obbediscono a leggi economiche.
Il marketing fa leva sui nostri valori e trigger emotivi, ma per le aziende conta solo il bilancio.
Il marketing di cui parla Taleb non è il marketing che interessa a noi. Il nostro marketing è lento (slow marketing) ed è un marketing etico, che serve solo a entrare in relazione con gli altri, non a cercare di vendere, non a massimizzare i profitti, ma a creare connessioni.
Nei nostri piccoli business, nelle nostre attività, non ci sono burocrati con l’unico scopo di far quadrare i conti. Il contatto tra la nostra etica e il nostro marketing non è interrotto, ma è diretto e persiste. Anzi, è ciò che ci dà forza.
Ci mettiamo totalmente in gioco e per questo non abbiamo niente da perdere.
Siamo capaci di gentilezza, siamo empatici, siamo persone, donne e uomini che vivono i propri valori in quello che fanno.