Viaggio in bici con De André, 4. Da Codigoro a Rimini
Dopo la prima tappa Milano-Cremona e la seconda Cremona-Ostiglia, e la terza Ostiglia-Codigoro, Davide Zeno Ferrari ci racconta la quarta tappa del suo viaggio in bici da Milano al mare accompagnato da Fabrizio De André.
Quarta tappa
25/08/2020 Codigoro – Rimini
150 km


Colazione a Codigoro
La sveglia suona presto e non avendo molti km del giorno prima nelle gambe mi appresto ad uscire di buon’ora. Conto in questo modo di pedalare con una temperatura più favorevole e di completare il tappone del giorno in condizioni migliori.
Il gestore dell’agriturismo è un ragazzo giovane, e ho scorto, nel capanno/officina dove ho parcheggiato la bici, il cartone di un paio di ruote da corsa Miche, così inizio a parlarne. Mi dice che anche il mondo della MTB è popolato in queste zone, nonostante siano abbastanza pianeggianti.
La colazione è davvero cicciona, mi servo due volte di una torta color Hulk che darà i suoi effetti nel corso della mattinata. Peccato non aver testato la cucina in occasione della cena: come un libro riletto più volte ha sempre un sapore diverso, conto di ripetere la gitarella nel futuro e di cogliere queste occasioni perdute.
Riprendo la strada verso Codigoro, è martedì e sulla ciclabile rasente le villette viene svolta la raccolta della differenziata. Vicino al centro abitato, l’incrocio con una Panda verde menta rischia di stopparmi.
Incontri e scontri sulla strada
Nonostante la precedenza dovuta, la signora attempata alla guida (senza cappello) cerca di avvicinarsi troppo rispetto a quanto si conviene. Le mie urla riescono a convincerla della mossa inopportuna, compio un breve surplace e riparto senza danni.
Ho accordato un appuntamento a Fusignano con Mirko, autore qualche anno fa di una impresa ciclistica notevole: partendo in bici da casa ha raggiunto Capo Nord in solitaria.
Imposto una andatura allegra. Riattraverso il Po di Volano e trovo una fila di villette con giardino antistante, a due piani e con le facciate a colori pastello, schierate di fronte al corso d’acqua. Le costruzioni sono coerenti con le barche attraccate al bordo della strada e il cantiere nautico alla fine del paese.
La provinciale disegna una S seguendo il fiume, che vedo alla mia sinistra, ora vicino, ora nascosto dalla bassa vegetazione o da qualche costruzione sporadica. La campagna si distende invece alla mia destra, disegnando linee di fuga prospettiche verso qualche boschetto lontano che sembra un miraggio metafisico. Non ci sono alberi a proteggermi dal sole e dal vento e per la prima ora la temperatura rimane sotto i 30 gradi, anche se in aumento.
Passo anche l’impianto idrovoro di Marozzo, con i mattoni a vista come quello di Codigoro ma notevolmente più piccolo.
Foratura
A poco più di 15 km dalla partenza, in località Motte Tombalunga, becco una spinetta inevitabile, per fortuna la ruota forata è l’anteriore e per fortuna su un ramo di strada più stretto e meno trafficato.
Mi avvicino alle case per stare all’ombra con lo scopo di provare le mie abilità da meccanico di Formula1. Il cambio gomma è rapido e indolore, nonostante la pressione del Golden di guardia che viene a controllarmi con il suo vocione da Maremmano da dietro la cancellata.
Per fortuna son partito presto e ho mantenuto una buona andatura, e non rischio di arrivare tardi. La protezione solare mi appiccica sulle braccia i moscerini che altrimenti perderei nel vento, e ogni tanto me li scrollo come se dovessi prepararmi a qualche incontro: non si sa mai.
Approfitto del ponticello sul raccordo autostradale per frullare sulla rampa in salita e spingere più velocemente in discesa.
Camionisti a Comacchio
Le casette sono più distanziate tra loro e lasciano sempre una porzione di giardino o di cortile tra la facciata e la strada. Alla rotonda ingombra di pomodori spiaccicati, seguo le indicazioni per Alfonsine e scavalco un altro ponte.
Inizia una collezione di sorpassi di camionisti, alcuni molto corretti e altri che cercano una scomoda e non richiesta vicinanza, ma sono concentrato sulla cadenza: testa bassa e menare!
Guadagno l’impianto idrovoro Fosse e saluto due ciclisti fermi a bordo strada, dove inizio a vedere la distesa delle Valli di Comacchio. Mi trovo circondato dalle acque e dal verde mosso dal vento. Un canale segue il mio andare sulla destra e sulla sinistra la distesa piatta delle Valli che riflettono il sole del mattino, qualche uccello somigliante ai volatili marini con le gambe a mollo e il profumo del salmastro.
Sono in uno stato di grazia e mi esalto vedendo il numero sul GPS e sentendo le gambe che rispondono bene.
Le Valli finiscono dopo quasi 10 km e punto verso Alfonsine. Mi do al gravel in via Casso Madonna (non invento) ritornando all’asfalto poco dopo. Scavalco il fiume Reno e raggiungo Alfonsine con i suoi viali alberati con i pini, e poco dopo arrivo a casa di Mirko, alla pausa caffè e pavesini, con i gatti e la vista sulla vigna, i racconti delle avventure e le chicche tecniche del suo parco bici assai notevole, con lo scambio degli episodi delle nostre avventure.
Cicloturismo a Ravenna
Mi dirigo verso Ravenna verso mezzogiorno, le temperature sono superiori ai 30 gradi e ho ancora molta strada davanti. Ne ho percorsa poco più di un terzo. Non ripeterò le medie della mattina ma mantengo una andatura allegra, sempre per prudenza entro i limiti di velocità dei 70 orari.
Villaprati, Villanova e i fiumiciattoli Senio e Lammone si allontanano alle mie spalle nascosti dagli argini alti che scavalco sui ponti, insieme ai campi misti di seminato e alberelli in filari e le loro casette sparse.
Passo anche Piangipane, scalando il cavalcavia di prima categoria sulla provinciale: è a metà tra un insulto e un raggruppamento della qualità di certa frutta.
Mancano circa 7 km al centro di Ravenna e il panorama attorno sarà fino a quel punto prevalentemente costruito.
Arrivo alla Porta Adriana e avviso a casa spegnendo il navigatore.
Mi prendo una giusta pausa pranzo e faccio il turista per la città, Basilica circolare di San Vitale e Mausoleo di Galla Placidia, Sant’Apollinare nuovo, Duomo di Ravenna, Tomba di Dante (coperta dai ponteggi per restauro).
Uscendo da Ravenna e cercando la strada per Rimini
Uscendo dalla città verso il mare mi perdo per una mezz’ora, poi mi fermo in un baretto per il caffè e per il pieno d’acqua. Il navigatore e le indicazioni sui cartelli stradali mi vorrebbero sulle statali (o autostrade!), ma alla fine dopo qualche numero la spunto e imbocco le provinciali molto più tranquille.
Non seguo una direzione regolare ma mi perdo a zig-zag nella provincia: è il giorno peggiore riguardo la rotta e il rapporto con la tecnologia, e di certo il caldo e la stanchezza non aiutano.
Ho alle spalle già quasi 90 km. Passo Madonna dell’albero, Molinaccio, San Bartolo, Borgo Faina e mi metto sulla rotta sud migliore.
Nessuno considera mai alberi e fontanelle come parte dell’infrastruttura. Ecco, il piano quinquennale per il potenziamento delle infrastrutture stradali consiste nel piantare alberi e fontanelle lungo tutte le provinciali, così da far sparire le mummie dei ciclisti seccati dal sole e dal vento.
Dopo il cartello di San Zaccaria trovo finalmente un ristoro e riempio nuovamente tutte le borracce, facendomi una generosa doccia a partire dal casco. Anche i locali fanno rifornimento con le bottiglie alle fontanelle pubbliche, solo che poi guadagnano l’auto e risalgono sulle Panda, guardandomi, loro, con occhi straniti.
Dopo la veloce pausa doccia, punto verso il mare di Cervia, che secondo il cartello blu dista solo 14 km, ma ovviamente prendo una deviazione sbagliata e costeggio l’aeroporto di Cervia che sembra non finire più. Attraverso quindi i viali alberati di Borgo Pasini e poi la frazione Matellica (come inno cittadino hanno Battery), e imbocco a Pisignano un lungo rettilineo lungo le piste di atterraggio e gli hangar che mi fiacca l’umore e le gambe.
Poi Montaletto e finalmente Pinarella, sorella del noto produttore di biciclette veneto. Le località di mare si somigliano tra loro, vie strette alberate dai pini, case basse, villette, botteghe per turisti, ristoranti e alberghi. L’architettura mi rinfranca, raggiungo la pineta dove i turisti con ombrelloni e spiaggine sotto braccio spalancano gli occhi alla mia vista. Sniffo l’odore degli alberi e intravedo qualche onda in fondo, lungo la passeggiata che porta alla sabbia.
Rimini (Fabrizio de André)
Teresa ha gli occhi secchi
Guarda verso il mare
Per lei figlia di pirati
Penso che sia normale
Teresa parla poco
Ha labbra screpolate
Mi indica un amore perso
A Rimini d’estate
Cerco di farmi coraggio mentalmente lungo gli ultimi 30km fino all’albergo a Rimini. Passando di fronte alla bottega di un ciclista fantastico su come sarebbe lavorare e vivere qui, con la stagione invernale tanto più tranquilla di quella che trovo a Cinisello.
Scavalco il Porto Canale Leonardesco a Cesenatico, il Rubicone sul ponte ciclopedonale Giulio Cesare e imbocco la strada a prevalenza pedonale tra gli alberghi e la spiaggia, molto frequentata dai villeggianti e da poco ristrutturata.
Quando percorro le vie più interne, la ferrovia corre parallela al mare e alle località turistiche in mezzo: Igea Marina, Torre Pedrera, Viserbella. A volte al restringersi della carreggiata i marciapiedi non riescono a contenere tutti i vacanzieri, e la ciclabile è occupata da pedoni e auto in sosta, che evito imboccando di nuovo la carreggiata.
Bici gialla e mare blu
Scarico di fretta il bagaglio in camera e mi tuffo in mare di corsa. Mi stendo poi mezz’ora sulla spiaggia al tramonto. Il personale dell’albergo come gli altri clienti mi chiedono da dove venga e racconto in breve le tappe precedenti.
Non vedo dove viene parcheggiata la bici gialla, ma mi assicurano che la mattina dopo non si sarà ristretta alle dimensioni di una graziella gialla.
Non mi trattengo a cena, abbuffandomi con alici allo scottadito di antipasto, ma potevano essere un pasto da sole, spaghetti alle arselle e birretta artigianale.
Il contachilometri segna 150 a fine giornata, con sei ore e mezza passate in sella e una velocità media in movimento di venticinque orari.
E domani… Bologna.
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